di GIUSEPPE NUCCETELLI
Di laicità e laicismo, soprattutto negli ultimi tempi, se ne è fatto un gran parlare. Discutere di questo tema con obiettività e serenità sembra, però, essere improbabile o, quanto meno, molto difficile perché attiene alla personale visione di quali regole debbano governare l’azione delle istituzioni. Le stesse definizioni di laicità, laicismo e, conseguentemente, di laico e laicista, sono controverse. Proprio al tema «Laicità e laicismo» (questo il titolo della relazione) era dedicata la seconda delle Lezioni Norberto Bobbio, organizzate dalla fondazione Critica Liberale e tenuta dal Prof. Carlo Augusto Viano. Pur fornendo un’indicazione di cosa significhi il termine laicista e cosa, invece, il termine laico, il Professore si è concentrato soprattutto su quest’ultimo concetto. Molto interessante è stato l’excursus storico-linguistico del termine laico che egli ha delineato. Interessante ma anche utile, perché ha ripercorso le tappe più importanti dell’evolversi di un concetto la cui paternità viene reclamata sempre più da autori cattolici in quanto appartenente alla tradizione della Chiesa.
Eccone alcuni passaggi fondamentali. Il termine laico deriva dal termine laos che, in greco antico, significa popolo: inteso non in senso politico (in questo caso di usava la parola demos), ma come comunità storico-geografica. Il significato cambia quando, per tradurre la Bibbia in greco, laos viene usato per indicare l’insieme del popolo dei cristiani non appartenenti alla classe sacerdotale e distinti, quindi, dai pagani. Fin quando il Cristianesimo rimane escluso dal potere imperiale romano, non si pone il problema del rapporto tra il potere politico e quello religioso, in quanto le autorità politiche prevalgono su quelle religiose. La dualità potere politico/potere religioso si manifesta quando il Cristianesimo, affermatosi anche tra le autorità politiche, non riesce a riprodurre la situazione del mondo ebraico antico in cui il sacerdote deteneva sia l’un potere che l’altro. Questa dualità, tipica della tradizione laica, deriva quindi dal tentativo non riuscito del Cristianesimo di ricreare quella coincidenza di potere politico e potere religioso che, con la primazia del secondo sul primo, esisteva nel mondo ebraico antico. Il modo in cui si determina questa dualità è molto importante, perché indica come la distinzione tra quel che è di Cesare e quel che è Dio non è figlia della speculazione teorica cristiana, ma è figlia di eventi che il mondo cristiano non è riuscito a governare pienamente, poiché il potere politico ha resistito al suo incedere.
L’affermarsi di questa dualità è fondamentale anche per l’evoluzione del concetto di laico. Una svolta arriva con Guglielmo D’Ockham, il quale introduce l’idea che il destinatario diretto del messaggio divino non è più la classe sacerdotale, ma il laos inteso sempre più come popolus soggetto all’Imperatore, peraltro suo protettore. Da qui a Machiavelli, il salto è breve: egli ritiene che la religione sia uno strumento utile al principe (instrumentum regni) per governare il popolo, il quale è sempre più l’insieme dei sudditi del re.
In seguito, il Prof. ha esposto alcuni modelli di cultura laica. Uno di essi è quello olandese, direttamente collegato alla rivoluzione protestante, per cui essendo il potere del sovrano direttamente concessogli da Dio, il sovrano ha la facoltà di utilizzare la religione come strumento di governo. Nasce, così, il concetto di religio laici, per cui ogni suddito del re può attingere alla religione individualmente con la forza della ragione e senza l’intermediario sacerdotale. La religione del laico diventa una religione razionale. Essendo una prerogativa individuale, quindi di tutti, a guidare lo Stato deve essere la tolleranza repressiva di modo che nessuna religione si imponga sull’altra e che ciascuna di esse non esca dalle rispettive comunità in cui è professare liberamente il proprio credo. Il modello successivo è quello inglese che ha in Locke il suo esponente più importante: esso prescrive la presenza di quante più confessioni possibili, anche in contrasto tra di loro. Più collegato al modello olandese è il modello rousseauniano che introduce il concetto di religione civile. Ma i modelli laici che sono a noi più vicini, non solo da un punto di vista cronologico, sono quelli che si sviluppano nell’Ottocento, strettamente connessi al fenomeno della secolarizzazione, intesa nel suo significato originario di sottrazione alla Chiesa di quelle funzioni che lo Stato arroga a se. Tra questi modelli, di particolare importanza è quello francese, in cui spiccano due elementi peculiari: l’iscrizione del principio di laicità nella costituzione e la contemporanea affermazione dei principi di libertà e di eguaglianza in campo religioso.
Dalla difficoltà derivante dalla contemporanea osservazione di questi due princìpi, nasce la questione del destinatario della politica religiosa dello Stato: è la comunità religiosa o l’individuo?
Un tema che, a mio avviso, dovrebbe interessare particolarmente il mondo liberale. Esaurito l’excursus sul significato dell’essere laico, il Prof. ha poi espresso la propria posizione riguardo ad alcune questioni molto attuali. Ad esempio, ha spiegato la sua contrarietà all’idea, avanzata da autori cristiani ma soprattutto cattolici, per cui i veri laici sono coloro che appartengono alla comunità religiosa. Alla base di questa affermazione starebbe una ricostruzione travisata della storia politico-religiosa del medioevo europeo.\r\nProprio questa tendenza comunitaristica, unitamente alla crisi delle ideologie politiche, sarebbe uno dei gravi pericoli oggi in giro per l’Occidente, forse la vera minaccia alla pace.
Altra riflessione del Prof. Viano che ho trovato interessante è quella per cui la laicizzazione delle istituzioni non è una necessità storica: essa va costantemente difesa e promossa. Fondamentale per il raggiungimento di questo obiettivo è la divisione dello spazio pubblico da quello privato, l’attribuzione della sovranità in àmbito pubblico solo al potere politico e la piena libertà religiosa in àmbito privato.
Ma manca ancora un elemento, quello che ho trovato più interessante: la dissociazione tra i modi di vivere e le credenze religiose. Infatti, sono d’accordo con il Prof. quando afferma che il laicismo ha una funzione importantissima da svolgere: l’emancipazione del singolo individuo dal controllo delle comunità religiose sul proprio stile di vita attraverso lo strumento dei tabù. Con questa chiave di lettura, si mostra evidente il fatto che i conflitti di religione spesso non sono altro che lotta per l’affermazione del proprio stile di vita e dei propri tabù. In conclusione, il Professore ha indicato un altro fondamentale strumento (che condivido) necessario all’affermazione di uno Stato veramente laico: ritrovare il coraggio e la forza di contestare apertamente quelle artificiali costruzioni religiose che hanno il solo scopo di controllare i fenomeni sociali e ritrovare quell’atteggiamento critico (tipicamente illuminista) nei confronti di quei dogmi religiosi introdotti solo al fine di interferire nella vita dei singoli.
pubblicato il 31 dicembre 2004. Il resoconto della seconda lezione su Norberto Bobbio organizzata da Critica Liberale.