di ANGELO MARIA D’ADDESIO
E’ proprio vero che 17 non è un numero fortunato…anzi.
Non è un caso che l’unità d’Italia sia avvenuta proprio in un giorno così nefasto e in un paese dove il tasso di disoccupazione teorico è al 9% (ma quello sostanziale raggiunge il 20%), dove l’a.d. della Fiat chiede a tutti di tagliarsi i diritti e dopo aver avuto ragione, taglia ugualmente la corda e soprattutto dove le feste nazionali sono meno che in altri stati, improvvisamente c’è questa grande voglia di lavoro e di produttività. E’ l’ennesima provocazione!
Le camicie verdi sembrano quasi soffrire questo 17 marzo, che avrebbero voluto festeggiare a suon di Va’ Pensiero e proclami federalisti, quasi come Berlusconi e Storace soffrono il 25 aprile. Niente festa, dunque, anche gli industriali che tanto stanno investendo nel nostro paese a suon di CIG sono d’accordo, perché si perderebbe troppo. Peccato che il danno sia già stato fatto e forse ci si accorge solo ora dell’ennesimo buco lasciato dagli enormi finanziamenti concessi a comuni piccoli e grandi, province, associazioni culturali, privati che si sono inventati manifestazioni piccole e grandi in tema sull’Unità d’Italia, su ciascun patriota nato nella propria terra, a spese dello Stato, pur di avere soldi e visibilità.
Sarebbe bastato festeggiare bene ed in modo serio una sola data e lì accomunare tutte le manifestazioni. La festa sarebbe stata più sentita, più economica e soprattutto vera. Invece no, il 17 marzo tutti al lavoro, tanto per ricordare che siamo uniti ed accomunati dalla stessa qualità l’indifferenza e allora se proprio deve essere così ci sentiamo di appoggiare le parole di Durnwalder che ha annunciato: “Noi ci sentiamo una minoranza austriaca e non siamo stati noi a scegliere di far parte dell’Italia. Anche per questo motivo non abbiamo grande interesse a parteciparvi”.
D’altronde se non partecipano gli italiani alla festa, perché dovrebbero farlo loro?