Il banco di prova

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di LUCA MARTINELLI

La rivoluzione egiziana è il vero banco di prova delle webrivoluzioni. Fino a due settimane fa, Twitter e Facebook hanno soltanto amplificato la speranza e l’orgoglio dei giovani dei Paesi islamici. Ma la “Rivoluzione verde” in Iran non è riuscita nell’intento di far vacillare il regime ed è stata repressa nel sangue.

La Tunisia ha segnato la prima inversione di tendenza: i social network, oltre ad essere usati come cassa di risonanza dei manifestanti, hanno testimoniato la vittoria della “Rivoluzione dei gelsomini”. La protesta nata nelle strade, dopo aver trovato accoliti e sostenitori sul web, stavolta ha costretto un Presidente-padrone alla fuga precipitosa.

Le “Giornate della collera” egiziane, adesso, sono molto più importanti di quanto si creda. Se Mubarak resiste, le altre rivolte del mondo arabo molto probabilmente perderanno forza e verranno schiacciate. Se invece il Presidente egiziano cadrà, dopo trenta anni di Governo basato sullo stato d’emergenza (proclamato dopo la morte del predecessore Anwar al-Sadat!), nessun governante potrà dirsi al sicuro.

Queste rivolte ovviamente costituiscono un grosso salto nel buio: nessuno sa cosa accadrà in Tunisia nei prossimi mesi, così come nessuno può garantire che il crollo dei regimi corrotti del Nordafrica e del Medio Oriente porterà a democrazie compiute in poco tempo. Ma restano alcuni segnali da non sottovalutare: non si sono viste bandiere statunitensi o israeliane in fiamme, né uditi cori antioccidentali, né portati attacchi contro cristiani o ebrei.

Esiste cioè una tenue speranza che lo scatto d’orgoglio dei giovani islamici non vada perduto. Quanto stiamo vedendo è l’equivalente islamico del crollo del Muro di Berlino – evento che molti dei manifestanti oggi nelle strade nemmeno hanno visto per motivi d’età. Spetta a noi occidentali, in principal modo a noi europei, sostenere senza tentennamenti il cambiamento che stiamo osservando. La stabilità, per ora, non può essere una priorità.

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