di PIETRO PAGANINI
Avere un conto bancario all’estero è un reato? No, non si infrange alcuna legge. E’ un’azione poco etica? Nemmeno, è una scelta ponderata. Se il conto estero è uno strumento per frodare il fisco, allora sarà un reato, e come tale perseguibile. Eppure alcuni organi di stampa italiani elencano i nomi di persone note (perchè fanno più notizia e cosi rendono un favore alle banche del consiglio di amministrazione che dal rientro dei capitali ci guadagnano) che hanno un conto in Svizzera. Diritto di cronaca? Piuttosto è una violazione della privacy. Ma nessuno, Garante per la Protezione dei Dati in testa, interviene. Perchè? Semplicemente perchè si presume che chi ha un conto all’estero stia necessariamente frodando il fisco e quindi lo Stato.
A questa presunzione di colpevolezza consegue un’indagine da parte della magistratura e soprattutto, la gogna pubblica e mediatica (sputtanamento) che trova la sua giustificazione nell’invidia sociale e in quel senso di giustizialismo che attraversa da sempre il nostro paese. Da cosa deriva questa presunzione, visto che i conti sono secretati? Da uno spione foraggiato dai Governi europei. Nel caso attuale c’è di peggio: un Governo, la Germania, acquista dallo spione la lista di nomi, e poi, non è ben chiaro come, ne negozia una parte con i Governi che ne fanno richiesta (o a cui è stata fatta un’offerta) e che vedono alcuni dei loro cittadini più in vista comparire nell’elenco di nomi.
Chissà se lo spione, oggi celebre fuggitivo, ha rilasciato regolare fattura.
Invece di provare finalmente ad individuare le ragioni dell’evasione, Governi e fisco si affidano agli spioni e alla gogna pubblica. Dovrebbero piuttosto chiedersi perchè le risorse finiscono all’estero e non succede invece il contrario, e cioè che le risorse estere arrivano in Italia. Si dovrebbero chiedere se in un contesto di caduta dei confini nazionali e di globalizzazione tecnologica, la caccia alle streghe non sia diventata una farsa. Non occorre andare in isole esotiche, è sufficiente attraversare il confine con la Svizzera per trovare il cuore del made in Italy. Proprio così, una buona parte del made in Italy fa giustamente affari dove è più conveniente, in Svizzera. E’ un reato? No, così come non è un reato aprire una società o un conto all’estero. E’ una perdita economica piuttosto.
Ma i Governi hanno bisogno di risorse, per cui perseguire i fantasmi della frode è la via più semplice. Il problema resta e non si risolve nè con la proibizione nè con la coercizione. Si risolve con politiche fiscali che incentivino a tenere ricavi e risorse vicino in casa, le stesse che inviterebbero cittadini e imprese estere ad investire in Italia.
Le tasse servono e devono essere corrisposte, ma devono avere un corrispettivo che il contribuente percepisca chiaramente. Cosa che da noi non succede. Al contrario, gli italiani sanno solo che quello che spetta loro dopo aver pagato le imposte, viene gettato al vento, o meglio, finisce nelle tasche di qualche privilegiato per “meriti” politici o pubblici. Così alla lista nera dei conti esteri, si contrappone la lista dello spreco, dei facili guadagni personali dei burocrati, e così via. Da cosa dobbiamo partire, dal perseguire coloro che hanno i conti all’estero e di cui presumiamo il reato di frode, o i privilegi e gli sprechi della politica e della pubblica amministrazione?
Governi e fisco adottano la soluzione più semplice e più spendibile mediaticamente, perseguire e condannare i fantasmi, senza risolvere il problema bensi alimentandolo. Gli sprechi aumentano e con essi il senso che un conto all’estero sia una legittima difesa.
E’ un gioco a somma negativa, in cui perdono tutti: la politica mendicante che incoraggia gli spioni e premia gli sprechi; lo Stato che perde risorse e non si dota di politiche di investimento e crescita; i cittadini, cornuti se pagano, mazziati se evadono. E la farsa continua.
La ricetta invece ci sarebbe ed è semplice: ridurre il peso della politica alimentando lo spazio privato dei cittadini, riducendo cosi sprechi e imposte. Da paese di supposti frodatori diventeremmo paese che accoglie “frodatori”, ma soprattutto risorse e capitali, altrui.
E se gli altri paesi si lamentano e fanno liste nere? Peggio per loro.
Tutto vero e condivisibile.
Non dimentichiamo però che, se è lecito aprire un conto corrente all’estero, è doveroso dichiararne l’esistenza e la consistenza in sede di dichiarazione dei redditi (quadro RW).
La presunzione di frode nasce proprio dal fatto che i soggetti inseriti nell’elenco in questione si erano inspiegabilmente “dimenticati” di segnalare la presenza di questi conti.
Certo, tutto ciò va a merito della Svizzera che solo grazie alla rinomata opacità del suo sistema bancario attrae risorse finanziarie di dubbia origine (e solo per quella, nessuno si sognerebbe, primi fra tutti gli svizzeri, di fare investimenti “fisici” nel proprio paese in quanto i costi produttivi sono completamente fuori scala…).
Siamo però sicuri che una opacità finanziaria di tal fatta farebbe bene anche al nostro paese? Non dimentichiamo che la scarsa trasparenza non danneggia solo le entrate fiscali dello stato ma anche le possibilità di recupero dei crediti dei privati (già molto problematiche) e di repressione delle condotte criminali…