Incontriamo l’On. Martino nel suo ufficio a Palazzo Valdina, nel centro di Roma, occasionalmente utilizzato come studio per l’intervista, in una fredda giornata che sembra aver ovattato le frenetiche attività dei romani. L’On. Antonio Martino è una persona cordiale ed estremamente disponibile.
Elisa Palmieri – In quale modo si può far ripartire l’Italia, facendola uscire dalla crisi?
Antonio Martino – Cominciamo col dire che l’Italia è in crisi da molti anni, non da adesso, perchè dopo aver stupito il mondo con i tassi di crescita degli anni ’50 e ’60, si parlava di miracolo economico; dopo essere andata bene negli anni ’70, a cominciare dagli anni ’80 il tasso sviluppo è andato diminuendo. Attualmente, da più di dieci anni, è di poco diverso dall’euro statistico. Non cresce per ragioni abbastanza comprensibili, perchè non si può chiedere ad un’economia che ha considerazioni demografiche avverse, perchè l’Italia dal punto di vista demografico è moribonda, che ha considerazioni di competitività internazionale difficilissima perchè ha il mercato del lavoro più rigido, credo, in Europa, e soltanto adesso i sindacati cominciano a prendere atto di una realtà ineludibile, cioè che non posso permettersi di fare come se il resto del mondo non esistesse.
Ma poi, soprattutto, un sistema pubblico che dissipa la metà delle risorse prodotte dal Paese, inefficiente, costosissimo e crea intralcio alla creazione di attività produttive. Fintanto che la situazione resterà questa il Paese non può crescere.
EP – Crede che il nobel per la Pace a Liu Xiabo può imporre un giro di boa alla Cina, tanto aperta al mercato internazionale e altrettanto chiusa per quanto riguarda le riforme in senso democratico?
AM – Milton Friedman sosteneva che la libertà economica è incompatibile con l’assenza di libertà politica, perchè delle due l’una: o libertà economica finisce col costringere una liberalizzazione anche politica che distrugge la dittatura, o sarà la dittatura a distruggere la libertà economica. Questo abbiamo visto che è accaduto in Cile, dove il fatto che Pinochet avesse un regime dittatoriale in politica avesse consentito delle coraggiose riforme economiche in senso liberale, ha portato sì che alla fine aver la necessità che se ne andasse. E’ stata la libertà economica che ha cacciato il dittatore.
Non è accaduto in Russia, perchè ammesso che Putin si fosse opposto, hanno liberalizzato la politica senza liberalizzare l’economia. E la libertà politica non basta per garantire la libertà economica. Ne sappiamo qualcosa anche noi.
In Cina le possibilità ci sarebbero, perchè almeno la fascia costiera meridionale della Cina è abbastanza liberalizzata. Meno di quanto significa ma la mentalità è cambiata profondamente. I cinesi erano assolutamenterestii ad accettare qualsiasi differenza economica, perchè erano stati indottrinati da decenni dall’ateismo comunista, ora invece ci sono disparità notevoli di redditi. Il che significa che un po’ di libertà economica è arrivata. La libertà economica porta inevitabilmente a punti di arrivo diversi.
Se questo processo continua, ed io credo non sia neanche nell’interesse dei governanti cinesi impedire che continui, perchè portano dei benefici economici indubbi. Prima o poi distruggerà la dittatura.
Il premio Nobel è un fatto, più che altro, emblematico. Abbiamo un precedente: l’Unione Sovietica è crollata dopo aver negato a Pasternak di ricevere i funzionari del premio.
EP – In politica il principio dell’etica, dell’onestà, del merito si sono scontrate spesse volte con l’ingiustizia, il trionfo della mediocrità, l’esaltazione della furbizia e persino della disonestà. Qual è il rimprovero che un politico della sua tempra si fa.
AM – Io posso farmi il rimprovero di essere stato un pessimo politico, perchè forse non avrei dovuto seguire il consiglio di Milton Friedman e non entrare affatto in politica. Perchè preferisco stare assieme ai ragazzi per sostenere le tesi nelle quali credo e studiare anzichè prendere…
EP – però lei è anche quello che ha scritto il programma di Forza italia, che è stato definito uno…
AM – E’ stato il più radicale programma di riforma Liberale che sia apparso in Europa, questo non è un giudizio mio, che l’ho scritto, ma è il giudizio di molti. Obiettivamente è stato così. Io ho ritenuto che avrei potuto fare lezione ad un pubblico più vasto. Invece che ad una ventina di studenti, avrei potuto avere centinai di migliaia di persone che ascoltavano le delle parole e delle idee liberali.
Ma tornando alla sua domanda, il problema dell’etica: bisogna stare attenti a evitare di cadere nel gioco facile del moralismo. Secondo me è una regola d’oro e ineludibile che gli altri anteporranno sempre i loro interessi al tuo…su questo..Ora, nel mercato come in politica esiste l’egoismo, però l’egoismo nel mercato è temperato dalla concorrenza, ” io posso soddisfare il mio egoismo, soltanto a condizione che faccio l’interesse dei miei clienti”. Il venditore può guadagnare molto e arricchirsi soltanto se riesce a vendere molto, e a vendere bene, ma per farlo deve avere cose che gli acquirenti apprezzano. Cioè: l’interesse dell’egoista e l’interesse dell’altro sono coincidenti. L’egoista vuole fare il suo interesse solo a condizione che faccia l’interesse dell’altro. In politica non è così. L’avidità in politica non è controllata dalla concorrenza per la prima fondamentale ragione che non rischiano soldi propri e non spendono soldi propri. Quindi i politici sono altruisti, nel senso che vogliono fare del bene col denaro altrui. Se lo volessero fare condenaro proprio li chiameremmo propristi. Ma, invece, sono altruisti. Ora, la politica è basata sull’acquisizione del consenso, sull’acquisione del consenso. Come si acquista il consenso? Il consenso si può conquistare proponendo inprogetti di interese generale di altissimo livello che davvero possano convincere tanta gente ad aderirvi. Ma questi sono casi rari. Normalmente il consenso va acquistato, anzichè conquistato, spendendo denaro di altri. E quindi ci si inventa continuamente una qualche motivazione nobile o apparentemente addirittura sacrosanta per appropriarsi del denaro di Pietro e dare i soldi a Paolo, con ciò non ci si fa amici Pietro, ma certamente si può sperare forse che gli sarà grato Paolo. La politica consiste in questo.
Prendere a Pietro per dare a Paolo.
Fint tanto che esistono i Pietri ciò potrebbe andare avanti, ma prima o poi i Pietri finiscono. La Thatcher diceva: “il socialismo è l’idea di poter vivere alle spalle degli altri, il guaio è che prima o poi gli altri finiscono”, e gli altri in Italia son finiti.
Non è pensabile, non è ammissibile, non è decoroso che un Paese che spende meno dell’1% del reddito nazionale per la politica estera di difesa, spenda il 50% del reddito nazionale complessivamente. Il che significa che la stragrande maggioranza di quello che spende non ha giustificazioni di sorta. Perchè Stati privi di assistenza gratuita, di pensioni sociali, di sussidi di disoccupazione, sono esistiti per millenni. Stati privi di politica estera e di difesa non sono esistiti mai, perchè lo Stato è la politica estera di difesa. Noi spendiamo meno dell’1% per quello e poi proponiamo di finanziare l’istituzione di comunità giovanili, come è accaduto recentemente, nel Parlamento Italiano. Cioè dovremmo indennizzare i giovani per la disgrazia di essere giovani.
La mia prossima proposta di legge sarà quella di tassare le donne brutte e dare i soldi alle donne belle. Punire l’esternalità negativa e premiare l’esternalità positiva.
EP – Ultimamente, all’interno dell’inaugurazione della Scuola di Liberalismo oraganizzata dalla Fondazione Einaudi e da Liberalcafè – il 22 nov scorso – , ha dichiarato di voler costituire una nuova forma di partito, mosso dallo spirito del ’94, per ristabilire luoghi di discussione politica. cito:”sto meditando di costruire un nuovo partito, perchè spero che nel 2014, ci sia finalmente il risveglio delle idee liberali che Cavour, Einuadi, mio padre avrebbero approvato, perchè purtroppo finora non si è realizzato.”
Che conferma i suoi dubbi espressi qualche tempo fa, quando dubitava che un soggetto politico liberale in Italia fosse all’orizzonte. Non è cambiato niente da allora?
AM –Berlusconi ha in buona fede ha tentato di dar vita a un soggeto politico. Non aveva nessuna convenienza altra che credere in quelle idee per presentarsi come alternativa con un programma radicalmente liberale, perchè lui in quelle cose realmente crede. Una delle ragioni per cui io sono entrato in politica perchè lui è stata la prima persona a prendermi sul serio quando parlavo di liberalismo. Però per una serie di circostante, non tutte dipendenti dalla sua volontà, lui ha la sua parte di responsabilità, non lo nega nessuno, però alcuni fattori esterni hanno contribuito ad impedirgli di realizzare quanto non si è mai stancato di promettere. Il ribaltone di Bossi, 1994-1995, fece sì che la durata del primo governo fosse talmente breve da non poter fare niente. Nel secondo governo, durò cinque anni, erano due in realtà 2001-2007, ma due governi Berlusconi, sia Alleanza Nazionale, sia l’Unione di Centro si opposero sistematicamente a qualsiasi riforma in senso liberale. L’abbassamento dell’aliquotea imposta, specie delle maggiori, venne impedito sia dagli uni che dagli altri. Perchè, dice, questo è un regalo fatto ai ricchi. Ora, questa è la più grossa sciocchezza che si posa immaginare. I ricchi le imposte non le pagano. Io faccio parte dello 0,95% dei contribuenti più ricchi in Italia, non ho yacht, non ho ville, non ho niente. Lei crede davvero che i ricchi paghino le imposte? No, i ricchi pagano i tributaristi che trovano il modo di eludere o di erodere le imposte e quindi di non pagare.
Se invece l’aliquota più alta si abbassasse questo consentirebbe, non a chi è già ricco di star meglio, ma consentirebbe a chi potrebbe diventar ricco di diventarlo. Perchè le aliquote alte d’imposta sono la misura più profondamente reazionaria e antisociale che si possa immaginare, perchè è come se tagliassero i primi gradini della scala, quindi impedendo a chi potrebbe salire verso l’alto di salire, restare a terra. Quando ci sono aliquote marginali di quei livelli, nessuno può mettere da parte abbastanza per accumulare quello che gli serve, dar vita ad una attività, crescere, svilupparsi e così via. A chi è già ricco non importa niente, non sa neanche quanto paga d’imposta.
EP – Ma ci sarà un soggetto liberale?
AM – Un soggetto liberale è difficile da creare per una serie di ragioni: intanto perchè non dobbiamo dimenticare che abbiamo almeno un’ottantina d’anni di prevalenza di cultura illiberale. Questo è stato vero a partire dalla fine della Prima Guerra Mondiale, il fascismo prima, poi i catto-comunisti che hanno praticamente dominato per quasi tutto il secolo. Abbiamo avuto quasi un secolo di prevalenza di cultura illiberale. L’idea semplice, del resto molto facile, da fare accettare a chiunque “se esiste un problema lo Stato lo risolve”, se invece capissero che nella maggior parte dei casi lo Stato è il problema, – l’intervento dello Stato crea problemi, anzichè risolverli – allora sarebbero un po’ meno indulgenti nei confronti di coloro che all’elezioni promettono che con l’intervento pubblico, magicamente spariranno tutti i problemi che hanno.
EP – Antonio Martino cosa farà da “grande”?
AM – Ma io credo di essere già abbastanza grande. In quanto ho da leggere molti più libri di quanti ne sia riusciti a leggere. Mi guardano con lo sguardo accusatorio. Un mio amico mi ha mandato un libro da leggere chiedendomi un parere, l’ho messo in lista d’attesa.. credo di riuscirlo a leggere prima di compiere 140 anni perchè c’è molto arretrato.
Ho più libri da leggere di quanti sia riusciti a leggere, ho più gadgets di questo periodo di quanti ne abbia imparato ad usare, più musica di quanta ne sia riuscita a sentire, due nipotini che sono meravigliosi, perchè dovrei preoccuparmi.
EP – Quindi progetti tanti..
AM – Sì, tantissimi.
La storia del terzo partito era una battuta a metà. A metà..perchè sarebbe bello poterlo fare. Io vedo nel Paese tantissime persone non solo favorevoli alle idee liberali, ci son sempre state persone vagamente favorevoli, ma consapevoli delle nuove idee liberali. Ci sono giovani che hanno una preparazione straordinaria. In tutti i rari contributi che sono venuti dagli intellettuali, da quei giganti del pensiero liberale che il xx° secolo ha prodotto. Questa è gente che ha letto Hayek, che ha letto Friedman, che ha letto Mises, che legge Ropke, alcuni tendono ad essere libertari, un po’ più liberali di quanto lo sia io. Non mi dispiace affatto essere scavalcato, da questo punto di vista. E questo non c’era prima, così come nascono iniziative: ci sono case editrici piccole ma qualificatissime che sfornano una gran quantità di testi liberali. E prima o poi sono le idee a prevalere.
Case editrici come LiberLibri, Rubbettino, hanno fatto un’opera straordinaria di diffusione del pensiero liberale. Ricordo una volta con Franco Romani, che è stato un grosso studioso di scienza delle finanze, liberale, di grosso spessore e vedeva tutti questi libri e diceva:” ma perchè li traducono? Così li imparano anche gli altri queste cose, meglio che le sappiamo solo noi!”
Una volta era così, ora invece ci sono le grandi possibilità offerte da internet, oramai comunicare non costa niente, consentono la diffusione dei liberali. Ecco, se come liberali crediamo nella concorrenza dobbiamo credere che verrà sfatata la legge di Gresham. La legge di Gresham dice che la moneta cattiva scaccia quella buona. Io credo invece nella concorrenza delle idee che sono le idee buone a scacciare quelle cattive.
Mi piacerebbe conoscere il punto di vista dell’on. Martino sul processo di nazionalizzazione delle imprese private sorto negli anni ’60. In particolare, sul passaggio dal regime concorrenziale simile a quello delle democrazie anglossassoni, al regime monopolistico e dirigistico (forse più simile al modello bolscevico). Sulle conseguenze che questo regime ha comportato sia in relazione al proliferare degli apparati clientelari, preconizzati nel libro democrazie mafiose di P. Gentile, sia economicamente.