I veri problemi del sistema Italia

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di ELIA BANELLI

Da mesi il dibattito pubblico è incentrato su argomenti di sicuro interesse popolare (la vicenda Ruby, Noemi, D’Addario, ecc…), di squisito interesse politico (riforma della legge elettorale) e privatistico-giudiziario (il lodo Alfano bis collegato alle vicende personali del presidente del consiglio).
Quasi assente dai media sono i problemi di natura economica, che negli altri paesi, occidentali e non, solitamente infiammano le campagni elettorali, restano le preoccupazioni principali dei cittadini e le priorità della classe politica.

In Italia quasi tutto si sa sul “bunga bunga” e l’età anagrafica di una pseudo prostitua marocchina, ma poco si discute sui gap infrastrutturali e di sistema che impediscono al paese di progredire e avviarsi verso un orizzonte di crescita e ripresa produttiva.
Alcuni semplici dati possono chiarire la situazione stagnante del Sistema Italia e i problemi di cui tutti, e soprattutto la classe dirigente, dovremmo seriamente occuparci, come da mesi si ostina a ripetere il Presidente di Confindustria Emma Marcegaglia, quando annuncia “Il paese è paralizzato, l’esecutivo riprenda un’agenda di riforme vere”.
Ne elenchiamo alcune.

OSTACOLI ALLA COMPETITIVITA’

Durante il Convegno dei giovani imprenditori a Capri, l’amministratore delegato dell’Eni, Paolo Scaroni, ha citato a memoria i tassi di assenteismo negli impianti di raffinazione: “In Baviera e Repubblica Ceca sono il 2%, a Gela e Taranto il 10%”, ricordando che un investitore straniero è disincentivato a venire in Italia.
Sempre Scaroni aggiunge: “Pensate a Porto Marghera, era un polo chimico straordinario”, abbandonato progressivamente dalle grandi compagnie come Royal, Bp, Shell e Chemical.

Giorgio Squinzi, titolare della Mapei (azienda leader mondiale nei prodotti per l’edilizia, adesivi e sigillanti, nb) e presidente di Federchimica, ricorda che “una multinazionale come Ineos ha impiegato 8 anni per ottenere l’autorizzazione per un investimento. Alla conclusione dell’iter aveva già deciso di dismettere”.
“Da noi – ha ribadito Squinzi – per la valutazione di un impatto ambientale servono 3 anni, in Canton Ticino bastano 60 giorni”.
Il raffronto con il resto del mondo è impietoso.
Ricorda Antonio D’Amato, presidente di Confindustria dal 2000 al 2004 e attuale titolare della Seda (specializzata nel packaging): “Per un nostro investimento negli Usa, i singoli Stati si sono messi in competizione, alla fine l’abbiamo fatto nel Wisconsin”.

Al convegno di Capri è intervenuto anche il presidente dell’Antitrust Antonio Catricalà, riferendosi alla direttiva europea che impone il pagamento delle fatture entro 30 giorni: “Dateci la possibilità di attivare la class action contro le pubbliche amministrazioni che non pagano, con la rimozione del dirigente che ne è responsabile”.
Uno stallo, quello dei pagamenti in ritardo della pubblica amministrazione, che penalizza soprattutto le piccole e medie imprese, il settore propulsivo dell’economia italiana.

I TRASPORTI

Un altro pesante ostacolo allo sviluppo competitivo del Sistema Italia è rappresentato dalla situazione disastrosa dei trasporti e della logistica.
Il 90% del trasporto merci nel nostro paese viaggia ancora su strada, mentre solo il 9,4% dei prodotti viene trasportato su rotaia, contro l’11,2% dell’Inghilterra, il 14,4% della Francia ed il 20,7% della Germania, con una media in Europa intorno al 17%.
Nonostante questo la situazione delle nostre strade e autostrade è al limite del collasso, con continue code, disagi ed imbottigliamenti che ritardano notevolmente il trasporto delle merci.
Un gap logistico che costa al sistema industriale circa 40 miliardi di euro l’anno e spesso non riguarda solo un problema di grosse infrastrutture, ma la necessità di realizzare piccole opere sulle reti minori e “sull’ultimo miglio”, come svincoli, raccordi, rotatorie, bretelle di accesso ad autostrade e tangenziali, i cui lavori sono lenti o bloccati.
La sostanziale paralisi infrastrutturali colpisce notevolmente il Nord, la locomotiva del paese.
La lunga lista dei progetti prioritari da ultimare è nota ma nessun governo è riuscito seriamente a farsene carico.

C’è il corridoio 5 Transpadano, basato sulla linea ferroviaria ad alta velocità Lione-Torino-Milano-Trieste-Lubiana-Budapest-confine ucraino, ci sono le nuove autostrade come la Pedemontana piemontese, lombarda e veneta, il corridoio 24 dei “due mari” (collegamento ferroviario tra gli scali marittimi di Rotterdam e Anversa con il porto di Genova, passando per il tunnel del Gottardo), il corridoio 1 che prevede il collegamento su rotaia tra Berlino e Palermo ed il potenziamento del tunnel del Brennero.

MANCANO I SOLDI

Gran parte di questi interventi prioritari non decollano, soprattutto per mancanza adeguata di copertura dei fondi: su 110,4 miliardi necessari alla realizzazione ne sono disponibili solo 39,1, con un fabbisogno residuo di ben 71,6 miliardi.

Anche le polemiche e le beghe con le popolazioni locali hanno il loro peso, come il caso della Torino-Lione, ancora in fase di stallo, a parte un avvio del tunnel esplorativo nella sezione francese. Su questa opera, strategica nel quadro dei collegamenti europei, la Ue è stata chiara: “O partite in tempi rapidi con i lavori, oppure taglieremo i fondi”.
Nel frattempo una notizia flash ci ha ricordato che la giovane Ruby non è stata accompagnata da Nicole Minetti ma si è recata a casa di una prostituta brasiliana, con la quale in passato ha avuto forti litigi.

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