L’Onu ascolta Sarko e accoglie Ahmadinejad

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2005

di ANTONIO PICASSO

Il presidente francese, Nicolas Sarkozy, cavalca l’onda mediatica che si è guadagnato con la campagna anti-rom e lancia un’ulteriore provocazione. Dal palco dell’Assemblea Generale dell’Onu, che si è aperta ieri, il leader dell’Eliseo propone di tassare le transazioni finanziarie internazionale, al fine di creare un fondo comune da indirizzare a sostegno dei Paesi in via di sviluppo. L’iniziativa mostra toni decisamente contrari a quelli della lotta all’immigrazione che la Francia sta combattendo. E non si può escludere che la comunità internazionale la accolga positivamente. C’è da sperare inoltre che, in questo modo, i giornali di tutto il mondo evitino di concentrarsi su cosa diranno i “cattivi” che prenderanno parte all’evento, senza invece prestare la debita attenzione agli appuntamenti concreti che sono all’ordine del giorno.

L’arrivo a New York del presidente iraniano Mahmoud Ahmadinejad infatti, sta occupando già troppo spazio rispetto ad altre questioni. Prima di volare a New York, il leader iraniano ha voluto smorzare le dichiarazioni offensive che, pochi giorni fa, l’establishment ultraconservatore del suo Paese aveva rivolto alla first lady francese, madame Carla Bruni Sarkozy. Inoltre ha precisato che Sakineh non sarebbe in pericolo di vita, in quanto nessun tribunale l’avrebbe condannata alla sentenza capitale. Ahmadinejad ha voluto adottare una linea di moderatismo appunto per convogliare l’attenzione mediatica sulla sua persona, ma anche perché così potrà fare il suo ingresso al Palazzo di vetro con quel soprabito di rispettabilità che è richiesto in sede Onu. Tuttavia, negli affari di politica internazionale, il semplice marketing cade miseramente se non è sostenuto da una strategia di intenti concreta. Il regime degli ayatollah difficilmente potrà far cambiare le considerazioni negative che il mondo nutre nei suoi confronti se non affronterà nodi delicati quali il rispetto dei diritti umani, l’avvio di una stagione di riforme per la democrazia, ma soprattutto se non fugherà i dubbi sulle proprie ambizioni nucleari.

Al di là dell’eventuale show del leader iraniano, l’Assemblea Generale affronterà per l’ennesima volta i nodi della povertà, della fame, della mancanza di istruzione, della disparità fra i sessi, che cingono d’assedio la maggior parte dei Paesi membri. L’Unione Europea ha dichiarato che offrirà 1 miliardo di euro ai Paesi in via di sviluppo. Oltre le buone volontà, il quadro generale resta allarmante.

Nel 2000 – sempre a New York e sempre all’Onu – 147 Capi di Stato e di Governo imposero il 2015 come deadline per raggiungere una serie di obiettivi volti al miglioramento delle condizioni di vita della popolazione mondiale. Era la cosiddetta Dichiarazione del Millennio, nota anche come “Millennium Goals”. Da allora i firmatari del documento sono saliti a 190. Tuttavia, sul piano concreto, è cambiato ben poco. Anzi, gli osservatori concordano nel visione pessimistica per cui, da qui a cinque anni, è molto difficile che le dichiarazioni di intenti di allora possano portare a qualche risultato.

Attualmente oltre 1 miliardo di persone sopravvive con 1 dollaro al giorno. Dieci anni fa, i leader di tutto il mondo avevano promesso di ridurre del 50% questo dato. Al contrario, a seguito della crisi finanziaria del 2008, ma soprattutto a causa della mancanza di un intervento strutturale, il delta fra ricchi e poveri tende ad aumentare. Le risorse fondamentali per la vita quotidiana di ogni singolo Paese si sono ridotte sensibilmente. L’accesso all’acqua continua a essere ostacolato sia da impedimenti politici sia da un preoccupante processo di maxi-desertificazione di vaste aree del pianeta, in Africa e Asia soprattutto. Nell’ambito dei diritti fondamentali, le discriminazioni sono anch’esse incrementate. Il tasso di analfabetismo complessivo della popolazione mondiale è di circa 850 milioni di unità. Nell’epoca della globalizzazione e della comunicazione in tempo reale, per il cittadino occidentale è impossibile immaginare l’esistenza di persone che non sappiano né leggere né scrivere.

Per quanto riguarda le libertà individuali, dal 2000 a oggi, i regimi autoritari hanno effettuato un severo giro di vite. Non si registrano dittature che abbiano alleggerito il proprio peso sulla popolazione. Anzi, molte si sono arroccate su posizioni ancora più oppressive. Si veda la Bielorussia, oppure proprio l’Iran. Mentre quei Paesi che speravano in un futuro di democrazia sono stati costretti a ricredersi. Esemplare è il caso iracheno. Nel 2000 Saddam Hussein era ancora al potere. Il suo crollo nel 2003 è stato seguito da una disastrosa instabilità politica, accompagnata dalla guerra civile.

L’unico dato in controtendenza è giunto in sede Onu solo la scorsa settimana. In anteprima rispetto alla pubblicazione del rapporto annuale della Fao, “Lo Stato dell’Insicurezza Alimentare nel Mondo”, il Direttore Generale dell’organizzazione, Jacques Diouf, ha dichiarato che il numero di persone che soffrono la fame è in leggero calo. Alla fine di giugno 2009, era stato lanciato l’allarme in quanto il fenomeno aveva coinvolto oltre 1 miliardo di persone. Questa positiva inversione di tendenza non è certo un “goal”. Tuttavia, per il momento, non ci si può aspettare di meglio.

Pubblicato su liberal del 21 settembre 2010

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