Morti bianche: aumentano i controlli

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di MARTINA CECCO

Il fenomeno delle morti bianche sul lavoro, ovvero delle morti causate dal mancato rispetto delle condizioni sanitarie e di sicurezza sul posto di lavoro resta uno dei principali obiettivi del Ministero per il Lavoro anche per il prossimo anno a venire. I controlli aumentano e i dati dimostrano che il sistema occupazionale ha registrato un decremento delle vittime all’incirca del 7% su tutto il territorio nazionale, eccetto in Lazio, dove invece vi è un aumento altrettanto consistente: la guardia non deve essere mai abbassata.

I dati riportati dall’INAIL si riferiscono innanzitutto alle vittime sul posto di lavoro che hanno in mano un contratto, anche temporaneo, tuttavia regolare rispetto alla registrazione presso l’istituto assicurativo, quindi viene rapportato ai dati che parlano di un decremento della occupazione in se stesso, dovuto al fenomeno 200/2009 della crisi economica. In altre parole sono diminuiti certamente i casi di infortunio e morte sul posto di lavoro, ma sono anche rapportati alla diminuzione del tasso di occupazione nella penisola.

Le impennate che si registrano invece in fatto di incidenti sul posto di lavoro da parte di lavoratori impiegati “a nero” non tendono a diminuire, al contrario si registrano degli aumenti delle vittime proprio laddove le condizioni di lavoro sono precarie e non vi sono garanzie di contratto.

Dunque che cosa potrebbero dire questi dati analizzati con la coscienza del caso: se da una parte i controlli in seno alle aziende si sono fatti col tempo un regolare momento di svolgimento della professione, rientrando cioè in uno standard che viene seguito e regolamentato dalle leggi nazionali in tema di sicurezza del lavoro, dall’altra le aziende che non possono o che non intendono seguire i protocolli nazionali hanno preferito virare sulle pre – assunzioni e sugli incarichi irregolari.

Le aziende italiane che sono in regola con il fisco e che impiegano lavoratori assicurati infatti, sono tenute per legge a garantire ai lavoratori l’idonea preparazione, attraverso corsi interni, in riferimento alla normativa 626 altrimenti della Legge per la sicurezza sul lavoro; un fatto questo che già in parte garantisce la opportuna formazione dei lavoratori, che hanno così tutti gli strumenti teorici per potersi gestire il lavoro in sicurezza. Lo stesso sarebbero tenute a fare le agenzie interinali, prima di mettere sul mercato le nuove forze lavoro, con il beneficio del dubbio sul reale svolgimento dei corsi preliminari, che sono stati finanziati e coordinati dalla Comunità Europea.

Non solo, ma anche all’interno delle aziende stesse, a norma di legge, sono previsti controlli per la efficacia dei sistemi di protezione dei lavoratori, controllo degli strumenti lavorativi, fornitura di indumenti protettivi per lo svolgimento del lavoro, vademecum per le indicazioni sul comportamento da tenere nei casi in cui vi sia reale rischio per il lavoratore di incidente o pericolo in genere.

Va detto certo che la prevenzione non può mai essere troppa: più gli ambienti di lavoro sono ampi, vari e più sono i dipendenti assunti, più la statistica delle probabilità che si verifichi un incidente è alta. Tuttavia va anche detto che molto spesso, per apparente accondiscendenza rispetto ai datori di lavoro, sono proprio gli stessi dipendenti a non tenere a riguardo le indicazioni fornite dall’azienda, mettendo così in pericolo non solo se stessi, ma anche compromettendo la posizione del datore di lavoro, che rimane tuttavia mirino non solo dei movimenti sindacali, ma anche delle associazioni di categoria.

Ecco allora che la formazione del lavoratore, divenuto “soggetto obbligato” con ruolo partecipativo secondo la norma di legge, è fondamentale non solo in riferimento alla mansione, ma specialmente in riferimento al comportamento da tenere in azienda, e diventa necessaria la collaborazione del lavoratore in prima persona per il rispetto del diritto alla salute, che è la principale carta da giocare anche nel rispetto verso i colleghi di lavoro, che vivono passivamente le situazioni di rischio e non hanno il potere di intervenire direttamente se notano delle non conformità nello svolgimento delle mansioni, fatto salvo che non sia egli stesso stato nominato responsabile di settore o rappresentante sindacale.

Martina Cecco

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