di Piero Sampiero
Angelo Panebianco, in un recente articolo sul “Corsera”, ha interpretato molto bene l’opinione di chi predilige, in materia di testamento biologico, la libertà di coscienza e respinge l’invasività dello stato nella vita privata dei cittadini, fino al punto di regolamentare anche gli ultimi esiti dell’esistenza con l’intervento della burocrazia. Una forma d’intrusione che ci fa sentire schiavi senza speranza di un Moloch sado-masochista.
Il problema non si risolve con le stereotipate impostazioni ideologiche, che distinguono ossessivamente e grottescamente la destra e la sinistra.
Ricordo un appunto di Filippo Facci sul Giornale, in cui si dava conto della condizione estrema, di disperata desolazione, in cui versava la vita vegetale di Eluana, le ferite irreparabili sul suo viso, tormentato dall’accanimento delle macchine, per idratarla e nutrirla. Una feroce descrizione degl’insulti che, in diciassette anni d’immobile degenza, il suo corpo e la sua anima avevano subito ad opera dei terapeuti e dei custodi dello spirito, degl’interpreti ortodossi della religione cristiana.
Il silenzio si addice al dolore, e la pietà è l’unico sentimento che dovrebbe pervadere vicende di questo genere, dove la politica non dovrebbe mai entrare, se non per dettare regole di larga condivisione, nel rispetto della libertà e della dignità della persona.
Ora, quel che meraviglia è che questi principi, ad onta delle dichiarazioni ufficiali, stiano per essere stravolti, nell’attuale discussione del disegno di legge sul testamento biologico, che stride orrendamente con l’art. 32 della Costituzione e con i più elementari principi liberali.
Ritengo che il dissenso espresso dall’onorevole Benedetto Della Vedova, all’interno della maggioranza, sia il sintomo di un disagio molto diffuso nel paese e che l’attuale governo debba tenerne conto, per evitare frammentazioni nel suo seno e tra l’elettorato, lasciando da parte calcoli politici non propriamente encomiabili.
Si limiti a candidare Clemente Mastella al parlamento europeo, ma lasci fuori della porta temi troppo importanti come la sacralità della vita, che non appartengono, in via esclusiva, ad alcuno schieramento.
Tenga piuttosto a mente che un pontefice illustre, come Paolo VI, aveva già definito i limiti d’intervento del medico e della medicina, indicando la soglia invalicabile in “una vita in condizioni di essere[i] umanamente e compiutamente vissuta”.