di THOMAS MARGONI
Le tensioni delle ultime settimane all’interno del PdL tra coloro che fedelmente seguono la linea dettata dal Presidente Berlusconi e quelli (molti meno, per la verità) che invece si schierano con Gianfranco Fini, rendono particolarmente interessante un’analisi ed un confronto tra questi due grandi leader politici. V’è da dire subito che nel caso di Fini, le considerazioni che possono essere fatte, non possono che tener conto dei due ‘momenti’ politici diversi tra loro che lo hanno visto protagonista.
Differenze di carattere e di indole politica tra i due sono sempre state evidenti. L’uno, Berlusconi, certamente meno politico di professione rispetto all’altro, ma anche con un’intelligenza più aperta verso la risoluzione reale dei problemi, la famosa mentalità imprenditoriale. Fini più incline, almeno nei tempi AN, ad analisi razionali anche se sempre taglienti, nei confronti di situazioni spesso intricate; celebre la lucidità delle sue argomentazioni, sempre dirette a centrare il punto focale dell’argomento in questione.
Berlusconi ha manifestato sin dal suo ingresso in politica, la volontà di cambiare la mentalità dell’italiano, portandolo a ragionare e ad agire non più come aveva sempre fatto, ma secondo stilemi più, mi si passi il termine, ‘americani’. L’idea di funzionalità ed efficienza nasce ovviamente dall’esperienza imprenditoriale da cui Berlusconi ha imparato cosa significhi rischiare, investire, scommettere risorse, controllare e decidere all’istante. Fini ha condotto una politica elegante, decisa ma mai maleducata, coerente (almeno allora…) con gli input del predecessore Almirante, anche , se vogliamo, più seducente di quella di Berlusconi. E questa capacità di seduzione derivava proprio dalla professionalità maggiore e dall’abitudine all’agone politico.
Difficilmente Silvio Berlusconi ha derogato dai suoi propositi, andando a modificare sostanzialmente le idee che aveva proposto. Questa sua testardaggine è il segreto del suo successo, denotando volontà e carattere necessari per raggiungere scopi difficili, per non dire difficilissimi. Non manca però in lui il senso del limite, del sapersi fermare quando si deve. Fini è più incline a rivedere e sfumare certe sue posizioni, ma sa anche essere scaltro fino al punto di mettere nel sacco chi tenta di ostacolarlo. Sa muoversi nel teatrino della politica, insomma…
Berlusconi è un leader nato, ma non è un politico nato, ed è questo che lo rende capace di arrivare dove gli altri non sono arrivati, e lo rende anche più simpatico agli occhi della gente, che vede in lui non un’entità irraggiungibile. Fini è un politico di vaglia, un poulain di razza, ma è ancora figlio dei tempi di una politica ‘politicata’, che peraltro proprio Berlusconi ha voluto sorpassare, riuscendoci.
I due hanno vissuto grandi momenti assieme, e hanno anche saputo contemperarsi a vicenda. Purtroppo gli avvenimenti recenti stanno distruggendo il rapporto, e la causa, come quasi sempre, è la sete di potere. Fini non ha gradito il fatto di non essere stato già incoronato successore di Berlusconi al soglio della presidenza del Consiglio dei Ministri, ed ha cercato di arrivarvi sovvertendo gli ordini del nuovo partito, da lui creato con Berlusconi, ma che dall’inizio non caldeggiava, si ricordi la reazione al discorso del predellino.
br>Ora la situazione sta prendendo una deriva pericolosa, e le elezioni politiche anticipate a primavera credo saranno la soluzione più probabile. E’ un peccato che si sia arrivati ad una simile congerie, ma credo onestamente che Fini abbia la stragrande responsabilità del problema, avendo perso il senso della misura, anche, a causa della brama di potere.
Non è più il Fini che ad ottima ragione, si vedeva come leader futuro del centro-destra; è diventato irritante perfino, con i suoi interventi talvolta fuori luogo. Berlusconi è rimasto coerente, e freddo (non era facile): non ha perso la testa, e ha saputo controllare il tutto con raziocinio. Manca probabilmente poco alla fine del sodalizio, ma questo lo potrà dire solo il tempo..