Attacchi delle milizie islamiste in Uganda

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di ERIC MOLLE

Alla fine dell’anno scorso, al momento della presentazione dei campionati del mondo appena conclusi, il movimento terroristico di matrice islamica al-Qaeda aveva minacciato il pacifico svolgersi degli eventi. La promessa fatta dal movimento qaedista non è stata rispettata visto l’efficace dispositivo di sicurezza dispiegato in Sudafrica tramite forze di sicurezza pubbliche e in parte anche private. Intuendo l’impossibilità di realizzare azioni dimostrative di stampo terroristico sul territorio sudafricano, i movimenti islamici hanno comunque voluto macchiare con il sangue la finale dei Mondiali. In effetti, non al-Qaeda, ma un gruppo a lui da poco affiliato, il movimento somalo degli al-Shabaab, ha compiuto due sanguinosi attacchi in Uganda la sera del 12 luglio scorso.

Il duplice attacco la sera della finale mondiale ha colpito il Paese africano in due punti dove la popolazione si era massimamente riunita. I luoghi colpiti rappresentano un chiaro segnale al potere ugandese così come agli occidentali e ai loro alleati africani. In effetti, il primo attacco ha colpito un noto ristorante etiope uccidendo almeno quindici persone e ferendone diverse decine. Il secondo attacco è avvenuto invece allo storico Lugogo Rugby Club, generalmente frequentato da occidentali, per via di un attentatore suicida. In questo caso sono morte più di sessanta persone e almeno un centinaio sono rimaste gravemente ferite.

Il movimento somalo al-Shabaab ha rivendicato poco dopo le esplosioni l’attacco. I destinatari di questo attacco sono appunto diversi, ovvero non erano diretti unicamente al governo di Kampala. Certo, l’Uganda è il destinatario principale : è l’unico vero contributore con il Burundi della forza di pace dell’Unione Africana in Somalia con circa 3mila uomini e sul proprio territorio è iniziata nel maggio scorso la Missione di Addestramento dell’Unione Europea – EUTM. Tale missione prevede in effetti l’addestramento di 2mila uomini delle forze somali da integrare poi alle forze già addestrate in precedenza (500 dalla Francia a Gibuti, 1200 già dall’Uganda e 2mila dagli Stati Uniti). La forza di addestratori dispiegata dall’UE è composta da 141 persone di tredici nazioni : 38 spagnoli, 26 francesi, 18 italiani, 15 portoghesi e 13 tedeschi.

L’attacco mirava quindi il governo di Kampala e poco dopo è pervenuta nuovamente la richiesta al governo ugandese di ritirare le proprie truppe. Però gli attentati avevano decisamente anche altri destinatari : l’Etiopia, vicina e nemica storica dei movimenti islamici in Somalia e nell’area in generale ; gli Stati Uniti, che ormai stanno consolidando la propria presenza nel Corno d’Africa nel tentativo di fermare il movimento di uomini, soldi e armi che passano in un senso come in un altro dalla Somalia e il Golfo di Aden (una delle vittime è appunto americana); non ultima l’Unione Europea e le sue varie missioni che da lontano o da vicino toccano la Somalia.

L’indicazione ultima, e forse la più preoccupante, data da questi attacchi riguarda particolarmente l’allargamento del raggio d’azione del movimento dei Giovani Combattenti. Se fino ad ora gli Shabaab si erano limitati ad operare in Somalia e poche volte erano sconfinati oltre le frontiere somale, per lo più in Kenya, con questi attacchi dimostrano di essere riusciti ad allargare il proprio raggio e soprattutto di riuscire a colpire al di fuori del proprio centro di gravità. Questo inserisce di fatto il movimento nell’ottica più prettamente terroristica e qaedista e incupisce non poco i possibili scenari mediorientali e africani, in particolare quello somalo. Basti ricordare che proprio il movimento di al-Qaeda ha iniziato la sua “attività internazionale” nel 1998 con due attacchi alle ambasciate americane in Kenya e Tanzania.

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