Ruhollah Khomeini ventun’anni dopo

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di GIOVANNI RADINI

Il 3 giugno di ventun’anni fa moriva a Teheran Ruhollah Khomeini. Ieri il padre della Rivoluzione islamica è stato ricordato con una celebrazione pubblica che ha visto partecipi la Guida Suprema degli Ayatollah, Ali Khamenei, e il Presidente della Repubblica, Mahmoud Ahmadinejad. È passato tanto tempo dalla scomparsa del “grande vecchio”, ma il regime iraniano ha voluto dimostrare quanto sia vivo il messaggio del suo fondatore e solide le basi delle istituzioni del Velayat-e-Faqih, il principio teocratico che ispira Teheran per cui è solo dal Corano – peraltro secondo l’interpretazione sciita – che può nascere un buon governo. Con l’avvenimento le massime autorità iraniane hanno colto l’occasione per sfoderare la loro retorica più banale, sulla forza dell’Iran e sulla sua capacità di resistere di fronte alle prevaricazioni straniere.

Nel suo discorso pubblico, che Khamenei ha pronunciato dopo la preghiera del venerdì, è stata spolverata la minaccia contro Israele. Sulla base dei fatti di questi giorni è tornato a presagire il “destino finale” dello Stato israeliano. Ha poi puntato l’indice contro gli Stati Uniti e la Gran Bretagna, che a suo giudizio sarebbero i manovratori dei tentativi di sovvertimento del regime, che si sono verificati lo scorso anno dopo le elezioni presidenziali di giugno. Khamenei ha quindi ribadito che l’Iran resta impermeabile alle ingerenze straniere e che le istituzioni di cui egli è Guida restano solide contro qualsiasi attacco.

Sulla stessa linea è apparso l’intervento di Ahmadinejad, il quale si è soffermato sulle eventuali manifestazioni che potrebbero essere organizzate nelle prossime settimane, in ricordo proprio dell’“Onda verde”, il movimento spontaneo e di piazza che denunciò i brogli elettorali di un anno fa. In questi dodici mesi sono stati centinaia gli oppositori e i manifestanti uccisi durante i cortei, oppure arrestati e condannati sommariamente alla pena capitale. Il Capo dello Stato iraniano ha detto che la Polizia, ma soprattutto i Pasdaran e i Basiji sono pronti a spegnere sul nascere le eventuali commemorazioni dei caduti. Effettivamente il prossimo 12 giugno ci si può attendere una nuova Onda, i cui organizzatori, tramite blog e social network, non sono mai stati zittiti. C’è da dire però che il regime, dopo un primo sussulto nell’estate 2009, è riuscito a passare al contrattacco, utilizzando gli stessi strumenti di comunicazione, tradotti in repressione e censura. Ahmadinejad quindi ha ammonito gli oppositori che questa volta il suo governo saprebbe come anticipare le loro mosse.

Passando alla questione nucleare, vera arma propagandistica che tiene in piedi il regime, sia Khamanei sia il suo fedele Presidente hanno replicato che il processo di arricchimento di uranio presso gli impianti nucleari di ricerca proseguirà e che nessun impedimento da parte dell’Onu potrà bloccarlo. In realtà la situazione sembra essere nuovamente ferma su ambo i fronti. Le Nazioni Unite non si sono più espresse su un eventuale irrigidimento delle sanzioni, alle quali Teheran è già sottoposto. Ciò non esclude l’ipotesi di una ripresa del dialogo, come ha sempre proposto la Cina. Tuttavia proprio ieri è stato ufficializzato l’ennesimo rinvio della attivazione della prima centrale nucleare iraniana, a Bushehr. Il progetto risale ancora al 1998, quando la Russia firmò un accordo di cooperazione nel settore con l’Iran. Inizialmente si prevedeva che il lavori potessero terminare nel 2006, ma poi è seguita una lunga catena di dilazioni. Contestualmente il Segretario di Stato Usa, Hillary Clinton, e il Ministro degli Esteri russo, Sergej Lavrov, si sono consultati al telefono per riportare il “Dossier Iran” in sede del Consiglio di Sicurezza alle Nazioni Unite. Entrambi i fatti non tornano a favore di Teheran. Il rinvio dell’inaugurazione di Bushehr è indice delle impossibilità tecniche che rallentano le ambizioni del regime. Il confronto Usa-Russia lascia pensare che comunque la comunità internazionale sia decisa a bloccarle sul piano politico. Cina permettendo.

Questo significa che l’Iran non è il migliore dei mondi possibili; come invece la sua leadership tenterebbe di far credere. Alle celebrazioni per Khomeini, la Guida Suprema ha citato l’ex Primo ministro Mir Hossein Mussavi e l’ex Presidente del Parlamento, Mehdi Karrubi, che pur vantando di aver servito onorevolmente il Paese, “adesso è giusto che siano ostracizzati, in quanto leader dell’opposizione”. Allo stesso tempo, anche Hassan Khomeini, nipote del Grande Ayatollah defunto, è stato criticato per aver assunto posizioni vicine all’Onda. Il regime però non dovrebbe sottovalutare questo giovane esponente del clero, che ha solo 38 anni, porta un nome immacolato e che potrebbe essere lui il vero futuro avversario di Khamenei. Anziché Mussavi e Karroubi, che sono politicamente “bruciati”.

Pubblicato su liberal del 5 giugno 2010

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