Cuba: il destino degli ex-detenuti di Guantanamo

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Di Martina Cecco


Riportare gli Stati Uniti sulla via della legalità rispettando i X Emendamenti che rappresentano il significato di quella bandiera a stelle e strisce che sventola all’entrata dei campi di Guantanamo. Guantanamo è la prigione cubana, dove sono stati confinati i detenuti, per la maggiore arrestati durante il conflitto afgano, perché accusati di incitamento al terrorismo, di appartenenza alla rete di Al Quaeda e di omicidio di soldati USA, viene spesso paragonata ai campi di concentramento nazisti, vuoi per la sua costruzione, si tratta di baracche con cancelli a rete e di celle con visibilità dei detenuti quasi al 100% di giorno e di notte, vuoi per i metodi di interrogatorio che i prigionieri hanno subito prima di firmare le rispettive deposizioni.

I detenuti di Guantanamo non sono normali prigionieri di guerra, come non sono normali detenuti: si tratta di detenuti in misura di sicurezza, per presunti reati terroristici, che dopo l’11 Settembre, dopo quella che potrebbe essere definita a tutti gli effetti la data del terrore, sono stati definiti “nemici combattenti” per i quali prima di definire la pena è prevista la misura cautelare del carcere di massima sicurezza. Questi prigionieri attualmente non rientrano nella competenza della Corte Suprema degli Stati Uniti, per poter usufruire dello stesso trattamento giuridico dei cittadini giudicati in USA devono fare esplicita richiesta di ricorso alla Corte Suprema.


Il diritto di fare ricorso non è però un fatto scontato o da sempre esistito, è una recente conquista che risale al mese di giugno scorso, data in cui per la prima volta è stata messa in discussione la decisione della Corte Federale che, solo due anni prima, aveva permesso che questo nuovo termine di definizione di detenuti implicati con AlQuaeda potesse essere gestita con la giustizia militare. Questa vecchia decisione, ora ribaltata, consentiva cioè di definire questi soggetti responsabili o ritenuti tali, di attentato verso gli USA, veri e propri combattenti, cioè militari di diversa divisa, per cui non era previsto un diritto giuridico appellabile in USA.


Un gioco giuridico, si potrebbe definire, che gioco non è, poiché per 7 anni si è ritenuto idoneo procedere con un trattamento di detenzione militare. Questo ha comportato isolamento, fisico, psicologico, morale, culturale, interrogatori rigidi, con minaccia, diritti umani limitati alla sopravvivenza e al quotidiano.


In questa ottica di giustizia militare, da conflitto bellico, si sono arenati i processi alla maggior parte dei detenuti, che ancora non possiedono requisiti e idoneità per essere giudicati: la conseguenza è che, colpevoli o innocenti non potranno essere reimpatriati o trasferiti ad altre prigioni anche nel caso di effettivo smantellamento dei campi di Guantanamo e di X-Ray. Il motivo di questo limite giuridico sta nel fatto che non sono state emesse le sentenze definitive per la maggior parte dei detenuti, i quali di conseguenza devono rimanere in regime di massima sicurezza, ma le carceri USA di massima sicurezza hanno firmato documenti di diniego, in quanto non idonee a trattenere prigionieri per atti terroristici contro la Nazione.

La decisione di Barack Obama dunque, che vuole dare respiro alla Nazione, troverà degli ostacoli da superare che non saranno così semplici da rimuovere: primo fra tutti quello di trasferire i detenuti dall’isola di Cuba, che non rientra nei Federati, a un paese pronto ad accoglierli. Su questa decisione ci sarebbero delle proposte da parte di paesi che non sono membri della NATO, per i quali è consentita una decisione in piena indipendenza, alcune indiscrezioni parlano della Svizzera come possibile soluzione in attesa di giudizio.


Senza dubbio la decisione di fermare i trattamenti di estremo rigore militare da parte del Congresso porterà gli Stati Uniti a fare un ulteriore passo avanti verso il raggiungimento per tutti i suoi cittadini della condivisione dei Diritti Umani, basti pensare a come l’elezione di Obama ha influenzato gli Afrikaans del mondo intero, stabilendo un vero e proprio nuovo punto di partenza per la sociologia mondiale: un mito quello di Obama, che proprio in quanto tale, rischia troppo, rischia in ogni sua azione e in ogni momento politico, perché rappresenta il grido “I have a dream” di un popolo molto numeroso, il popolo nero, ma trasversalmente il popolo di tutte le minoranze.


Tornando però a Guantanamo e i suoi arancioni incappucciati, va fatto un passo indietro: al declino dell’Amministrazione Bush i segni di scontento del popolo americano per la decisione di mantenere in vita i campi di detenzione, furono una importante arma politica con cui sia i McCaininiani che gli Obamiani hanno fatto campagna elettorale, con una punta di sospetto resta in sospeso il fatto che questa decisione di chiudere i campi non era scontata, ma quantomeno prevista già dal Congresso. Allora, perché non procedere adeguando a conformità tutti i detenuti consentendo loro il ricorso alla Corte Suprema? Per decidere le conclusioni dell’atto firmato testè serviranno almeno 6 mesi, ai quali si aggiungono altrettanti mesi per l’effettivo trasferimento. Ma ora un passo avanti: come mai proprio la Svizzera si propone come alternativa, una domanda retorica, dopo le dichiarazioni sul passaggio dei fondi afghani nelle sue banche?


La reazione dell’Intelligence e dei Servizi di Sicurezza, data la messa in discussione del servizio della CIA, è stata immediata: secondo il loro parere, stando alle dichiarazioni del 24 gennaio scorso, i reimpatriati da Guantanamo, una volta in contatto con i loro paesi di origine, sarebbero ritornati a compiere servizio di spionaggio in favore delle cellule terroristiche e quindi il trattamento psicologico e formativo fatto in carcere sarebbe stato del tutto inutile. Serve ancora un tassello per dare un senso a quella che è stata una strategia politica e amministrativa che ha legittimato gli interventi anti-terroristici: serve il tassello che spieghi definitivamente che cosa è stato scoperto della rete di Al Quaeda, come è stata smantellata, chi sono i colpevoli e chi sono gli innocenti, perché il mondo ha il diritto di sapere che cosa c’è di vero nel conflitto islamico, prima che sia effettivo il ritiro delle truppe, al costo di riconoscere quelli che possono essere stati gli errori o le giuste misure di sicurezza di una situazione internazionale governata sotto lo spettro del lucido terrore.

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