di PIETRO PAGANINI
Il Liberalismo si concretizza nelle azioni piuttosto che nelle proposte, almeno per quanto riguarda il Liberalismo in politica. Per questo fatichiamo a comprendere chi esprime una tensione verso un atteggiamento che consiglia ad altri, ma poi non applica a se stesso. Questo vale in politica come nella vita economica. C’è chi professa trasparenza ma non la pratica, demandandola ad altri.
Non ci piace mettere nessuno sul banco degli imputati; tuttavia oggi abbiamo le prove per chiamare a deporre Google, il gigante dell’innovazione che fa della trasparenza e della libertà di espressione e di comportamento – in rete – la propria ideologia. Appunto di ideologia si tratta, e come tale, finisce per abbozzare un sistema totalitario dove la Libertà è unicamente strumentale ad obiettivi sovrastrutturali. Un esperto di tecnologie dell’informazione nonchè di privacy, Luca Bolognini, ha coniato il termine “comunismo digitale”per indicare la propensione di Google a costruire una dittatura in rete utilizzando l’ideologia della libertà, o meglio la propria idea omogenea di libertà imposta, anzichè la libertà come pluralità e quindi atto di scelta individuale.
Google ammette di spiare i propri utenti, oltre misura, raggiungendo persino i dispositivi elettronici domestici, e non solo, degli utenti. Il mix di informazione che il gigante dei dati raccoglie è impressionante oltre che preoccupante. Le Autorità della Privacy europee sono chiamate ad investigare, proprio a tutela del diritto alla privacy degli utenti, del diritto alla Libertà. Oltre ad problema di privacy, appunto, c’è anche un problema di trasparenza, che è all’origine della prevaricazione della Libertà individuale. L’utente ignora, ma solo perche’ chi si appropria dei suoi dati, dimentica di informarlo. Cosi come si scorda di informarci di aver raccolto anche maggiori informazioni, sempre per sbaglio.
Nel 2010 pero’ la versione “è un incidente, non lo sapevamo“, è, non solo da dilettanti, ma assolutamente ingiustificata. Google non è più una start-up in un garage della California, è un’azienda mondiale, che ha sicuramente contribuito a migliorare le nostre vite, ma che rischia come già successo in un passato recente, di trasformare la “rivoluzione digitale” in dittatura, non di chi prende il controllo dei mezzi di produzione (lo Stato) ma delle conoscenze, che sono poi il mezzo di produzione contemporaneo. Il “comunismo digitale” è anche questo, una lotta di classe di coloro che cercano nel virtuale lo sfogo della proprie frustrazioni e che, oggi come allora, confondono la libertà plurale con una propria idea di libertà.
Se si professa la trasparenza la si metta in pratica, se si professa il libero mercato lo si realizzi. Se si spiano le persone per scopi commerciali, lo si ammetta, lo si spieghi. Altrimenti è giusto che intervenga l’autorità Garante, che non è un limite all’innovazione, ma una tutela alla libertà di quegli individui che vogliono preservare le proprie informazioni e che soprattutto, fanno anch’essi, innovazione.
Google non è Internet sia chiaro, ne’ Google è tutti noi, sia chiaro anche questo, per cui, basta comportarsi come se si giocasse ancora in garage, è tempo di essere responsabili. Non e’ “responsabilità, la libertà”?