Una nuova crisi nel GOLFO

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Golfo – Gli Stati Uniti preparano un attacco contro l’Iran

 
 
 

Maddalena Celano (Assadakah News) – Un’escalation pericolosa tra Washington e Teheran

 

Il mondo assiste a una nuova escalation di tensioni nel Golfo Persico, una regione storicamente instabile e teatro di conflitti geopolitici che coinvolgono le maggiori potenze mondiali. La crisi attuale tra Stati Uniti e Iran rischia di degenerare in un conflitto aperto, mentre la diplomazia internazionale appare incapace di fermare la deriva bellica.

 

Il via libera del Congresso e lo schieramento militare

 

Il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, ha recentemente ottenuto l’approvazione del Congresso per un’operazione militare su larga scala contro l’Iran. Questa decisione arriva dopo il fallimento di un tentativo di mediazione russa e il deterioramento dei rapporti tra Washington e Teheran. Gli Stati Uniti hanno iniziato il dispiegamento di bombardieri strategici B-2 nella regione, spostandoli dall’Oceano Indiano verso basi militari in Qatar, Emirati Arabi Uniti o Arabia Saudita. Questa manovra rappresenta un chiaro segnale di preparazione a possibili attacchi mirati contro obiettivi iraniani.

 
 
 
 

La risposta dell’Iran e il rischio di guerra

 

L’Iran, dal canto suo, ha risposto con dichiarazioni minacciose. Il governo della Repubblica Islamica ha affermato che qualsiasi base utilizzata per lanciare un attacco contro il suo territorio sarà considerata un obiettivo legittimo e colpita di conseguenza.

L’Iran dispone di un arsenale missilistico avanzato, che comprende missili balistici a lungo raggio come il Sejjil-2 e il Ghadr-110, in grado di colpire obiettivi a migliaia di chilometri di distanza. Il sistema di difesa aerea iraniano, composto da batterie S-300 di fabbricazione russa e da sviluppi interni come il Bavar-373, rende il paese una fortezza difficile da attaccare senza rischi elevati. Inoltre, la Marina iraniana ha investito negli ultimi anni in una strategia di guerra asimmetrica, con una flotta di piccole imbarcazioni veloci, sommergibili di classe Ghadir e un arsenale di droni avanzati.

 

Il rischio di una guerra su vasta scala è sempre più concreto. Un conflitto aperto tra Stati Uniti e Iran non si limiterebbe a un confronto diretto tra le due nazioni, ma coinvolgerebbe inevitabilmente l’intera regione del Medio Oriente, con ripercussioni sulla stabilità globale e sul mercato del petrolio.

 

Il ruolo marginale della diplomazia internazionale

 

La comunità internazionale sembra incapace di intervenire per fermare la crisi. L’Unione Europea, già divisa su molteplici questioni interne, ha faticato a mantenere una linea comune sulla questione iraniana. Sebbene alcuni leader europei abbiano tentato di mediare, la loro influenza rimane limitata dal peso geopolitico degli Stati Uniti e dalla mancanza di un’azione coordinata tra gli Stati membri.

Le Nazioni Unite, dal canto loro, si trovano in una posizione di debolezza. L’opposizione degli Stati Uniti a qualsiasi risoluzione che limiti la loro libertà d’azione militare ha reso inefficaci i tentativi di intervento diplomatico. Il Consiglio di Sicurezza è paralizzato dai veti incrociati delle grandi potenze, e il Segretario Generale può solo lanciare appelli alla moderazione senza poter influenzare realmente le decisioni in campo.

Le lezioni del passato sembrano essere state ignorate. La guerra in Iraq del 2003, giustificata con prove poi rivelatesi false, ha destabilizzato l’intera regione, mentre l’uscita unilaterale degli Stati Uniti dall’accordo sul nucleare iraniano nel 2018 ha contribuito ad acuire le tensioni. La mancanza di una strategia diplomatica efficace rischia di condurre a un nuovo conflitto che potrebbe avere conseguenze devastanti.

 
 

Quali sono le vere motivazioni?

 

La narrativa ufficiale di Washington sostiene che l’Iran rappresenti una minaccia per la sicurezza globale a causa del suo programma nucleare. Tuttavia, dietro questa giustificazione si nascondono interessi strategici più ampi. L’Iran, pur essendo sotto pesanti sanzioni economiche, continua a rafforzare la sua influenza in Iraq, Siria, Libano e Yemen, mettendo in discussione l’equilibrio di potere nella regione. Inoltre, una crisi internazionale potrebbe giovare a Trump in un anno elettorale, distraendo l’opinione pubblica da altre problematiche interne.

 
 

Verso una soluzione diplomatica?

 

Di fronte a questo scenario, diventa urgente un intervento deciso della comunità internazionale per scongiurare il peggio. La guerra non è una soluzione, ma un disastro che porterebbe instabilità, distruzione e perdite umane. Occorre rilanciare il dialogo tra le parti e promuovere una soluzione diplomatica prima che il conflitto diventi irreversibile.

La situazione nel Golfo resta critica e il mondo osserva con preoccupazione gli sviluppi di una crisi che potrebbe avere ripercussioni devastanti.

 
 
 

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