Molto interessante e partecipato il convegno organizzato dall’Ateneo Tradizionale Mediterraneo, dal titolo “Terzo Millennio: valori e diritti negati”, tenutosi a Roma lo scorso 14 marzo.
Convegno di scottante attualità e che mi ha dato peraltro la possibilità di ritrovare e rivedere vecchi amici e compagni, quali Luigi Pruneti, Rettore dell’Ateneo, e Tiziano Busca, oltre che incontrare Antonio Foccillo, il Sen. Giorgio Benvenuto e molti altri.
Il convegno è stato aperto da Romeo Gatti, Presidente dell’Ateneo e coordinato dal giornalista Riccardo Protani, il quale ha esordito facendo presente quanto, oggi, si faccia molta fatica a riportare in auge un pensiero critico.
Pensiero critico che parta da riflessioni profonde, essenza di ogni libero pensiero che vada oltre i video sui social, che durano pochi secondi e subito vengono dimenticati.
Successivamente è intervenuto il giornalista e scrittore Antonio Foccillo, già Segretario confederale della UIL e socialista di lungo corso.
Foccillo, nella sua lunga e ponderata relazione, ha parlato di come oggi i partiti e i movimenti siano in profonda difficoltà e di come, dopo il crollo del comunismo ad Est, si sia giunti non già a una nuova età dell’oro, bensì alla destabilizzazione dell’Occidente.
Destabilizzazione che, in Italia, ha preso le sembianze della cosiddetta operazione Mani Pulite, che ha consegnato il Paese nelle mani di mezze figure, con scarsa capacità e lungimiranza.
Da allora, come ha sottolineato Foccillo, si è assistito al fenomeno del leaderismo, dell’avvento della finanza internazionale e del neoliberalismo, aspetto che ha finito per concentrare nelle mani di pochi ricchi la gestione delle risorse.
Da allora si è costituita una UE burocratica, gli Stati hanno perduto la loro sovranità e il mercato neoliberale l’ha fatta da padrone.
E’ così che, negli ultimi 30 anni, si sono ridotte le libertà, i diritti sociali e la democrazia, che è essenzialmente confronto pluralista fra le varie verità e opinioni.
La cosiddetta “libertà economica”, secondo Foccillo, ha generato paura nei confronti del domani, mentre le élite economiche hanno iniziato a diffondere informazioni insignificanti, sensazionalistiche, che fanno leva sulle emozioni e non sulla riflessione. Ne è, pertanto, derivata una società di tifosi e non di cittadini consapevoli, partecipi, riflessivi e formati alla democrazia.
Di pari passo, il welfare è stato smantellato e l’UE si è trasformata nell’esatto opposto rispetto all’Europa sognata dai padri fondatori. Da baluardo di pace e democrazia, è diventata l’UE dei tagli di bilancio e ha aperto le porte all’estremismo di destra.
Una UE incapace di mediazione, che investe in armamenti e che toglie risorse al sociale.
Occorre, secondo Foccillo, ricostruire una Europa fondata sulla riconquista della dignità degli Stati e delle persone. Occorrono analisi e proposte senza conformismi e una nuova classe di intellettuali critici nei confronti del modello neoliberale.
Stiamo infatti, al momento, ha sottolineato Foccillo, all’avvento di una società sempre più intollerante, che fomenta l’odio nei confronti del prossimo, che fomenta fenomeni quali il bullismo e le baby gang.
Tutto ciò ha portato a un peggioramento della qualità della vita, ove le persone si ritrovano sempre più sole con i loro social network e ove i partiti non sono più luogo di confronto e dibattito.
Oggi, a parere di Foccillo, prevale la legge del più forte e vi è una distanza incolmabile fra il ceto politico e la società nel suo complesso.
Il mondo di oggi sembra dorato, ma in realtà ha prodotto nuove forme di schiavitù del lavoro e – secondo Foccillo – ciò è visibile nel precariato lavorativo e nelle morti sul lavoro, sempre più all’ordine del giorno.
Oltre a ciò, prevalgono competizione e totale abbandono della partecipazione democratica e del dissenso.
Siamo dunque, secondo Foccillo, difronte a una crisi non solo economica, ma anche morale.
Come uscirne?
Secondo Antonio Foccillo, attraverso il recupero dei valori di laicità, tolleranza, diritti umani, legalità, dialogo e partecipazione, alla ricerca di una società più giusta e solidale. Occorre, dunque, educare le persone a cambiare abitudini e a riscoprire le regole della democrazia: dialogo, diritti civili e sociali e riconoscimento delle diversità culturali.
Tutto ciò va contrapposto all’attuale edonismo, narcisismo e consumismo, aspetti che ci stanno portando verso forme di dittatura della maggioranza, lontane anni luce dai valori della nostra Costituzione.
Successivamente, ha preso la parola il Sen. Giorgio Benvenuto, già sindacalista, ultimo Segretario del Partito Socialista Italiano, nel 1993 e attuale Presidente della Fondazione Buno Buozzi.
Benvenuto ha esordito affermando che, le crisi, sono sempre una occasione di cambiamento e, affinché ciò possa avvenire, occorre affrontarle uscendo da un clima di mera protesta, per avanzare proposte. Per fare ciò, occorre avere una visione complessiva del mondo.
L’UE, nella fattispecie, secondo Benvenuto, dopo la caduta del Muro di Berlino, non ha costruito una Europa sociale. Anzi, ha utilizzato i Paesi dell’Est per aprire a un mercato sempre più deregolato, anziché tutelarli e rafforzarli sotto il profilo sociale. Tantoché i lavoratori dell’Est non hanno gli stessi diritti rispetto ai lavoratori italiani, francesi o tedeschi.
Benvenuto ha ravvisato alcuni problemi fondamentali dell’UE: la mancanza di potere e responsabilità del Parlamento europeo; la regola di decisione all’unanimità degli Stati (che rende molto difficile a 27 Stati di mettersi d’accordo e prendere decisioni) e la mancanza di una politica fiscale uniforme, che impedisca così ogni forma di paradiso fiscale, al momento presenti in UE.
Il Sen. Benvenuto ha fatto peraltro presente che ben 400.000 sono i giovani italiani che hanno abbandonato l’Italia per cercare condizioni lavorative migliori all’estero. Segnale del fatto che, qui, non sono stati messi in grado di sviluppare al meglio le loro capacità e aspettative.
Occorre, pertanto, a parere di Benvenuto, tornare allo sviluppo della formazione e della conoscenza, che sono fondamentali in un’epoca in cui l’Intelligenza Artificiale finirà per sostituirsi agli esseri umani e a far perdere posti di lavoro.
Conoscenza e solidarietà, ha concluso Benvenuto, erano peraltro alla base degli ideali socialisti (che, oltre alla falce e al martello, avevano anche il libro, nel simbolo, ha ricordato) e a questi valori occorre tornare.
E’ intervenuto poi l’Avv. Angelo Caliendo, dell’EURISPES, in sostituzione del Presidente dell’ente, Gian Maria Fara.
L’Avv. Caliendo ha fatto presente come siamo difronte a numerosi mutamenti che sopravanzano, nel corso degli ultimi trent’anni. E tali mutamenti hanno messo in luce una profonda frattura dell’Occidente. Lo stato di benessere, negli ultimi decenni, si è rivelato illusorio, mentre altre potenze si sono sviluppate, fondandosi su valori statali e pubblici.
A parere dell’Avv. Caliendo, occorre riscoprire quello spirito di coesione tipico delle generazioni del dopoguerra perché, purtroppo, 30 anni di involuzione politica e sociale in Europa, a partire dallo spartiacque che è stato l’anno 1992, hanno buttato via il bambino con l’acqua sporca.
La Prima Repubblica, a parere dell’Avv. Caliendo, ha garantito stabilità, crescita economica e visione del mondo. Mentre, dopo il 1992/93, abbiamo assistito alla perdita dell’autorevolezza delle istituzioni, anche sul piano internazionale; ad un aumento del divario fra Nord e Sud; ad un welfare messo sotto pressione; a un logoramento del rapporto fra cittadini e istituzioni.
Occorre, a parere dell’Avv. Caliendo, ritrovare coraggio per riformare totalmente il sistema in modo lungimirante. Ovvero occorre una trasformazione sistemica, senza involuzioni, come avvenuto nel nostro Paese dopo la Seconda Guerra Mondiale, ove vi sia una nuova alleanza fra pubblico e privato, aldilà delle divisioni ideologiche. Occorre, in sostanza, una visione di ampio respiro orientata al futuro e non più al presente, priva di slogan tipici dei politici di oggi, presenti nel talk show.
Occorre, a parere dell’Avv. Caliendo, lavorare per riorganizzare il welfare; affrontare la crisi relativa ai cambiamenti climatici; la necessità di lavorare per ottenere maggiore inclusione sociale e la regolazione dei flussi migratori.
Lavorando, inoltre, per la costruzione di un ordine mondiale multilaterale volto alla pace, affermando il primato della programmazione, che si può ottenere con una classe dirigente competente e pragmatica, la quale ponga al centro una politica autorevole e responsabile e riaffermi il senso di comunità, coesione sociale e partecipazione.
E’ intervenuto, poi, Tiziano Busca, sociologo e attuale componente della Direzione Nazionale dell’attuale PSI.
Secondo Busca, siamo riusciti a sconfiggere i totalitarismi del passato, nazifascismo e comunismo, ma ci è rimasto il liberalismo economico, che genera squilibri e differenze fra chi accumula ricchezze, da una parte, e chi rimane indietro.
Chi ha di più, in sostanza, secondo Busca, continua ad avere di più, mentre chi ha meno continua ad avere sempre meno.
Il welfare, è infatti stato sostituito dall’avvento della finanza. Oggi, ha sottolineato Busca, siamo in balìa del mercato e il sindacato non si interfaccia più con le imprese, ma con le Borse e i fondi di investimento.
I processi decisionali, in tutto ciò, non hanno più soggettività fisica e viene a mancare la pace. Quella pace che, un tempo, era garantita da statisti che oggi mancano.
Viviamo in una società, ha affermato Busca, che comunica paura. Paura di esporsi, paura del diverso, paura del cambiamento. Manca quella consapevolezza che siamo tutti uguali. Vi è una sorta di incapacità di cogliere la diversità negli altri. Conseguentemente, vi è una perdita del senso di comunità, che è alla base della democrazia.
Il settore pubblico sta dunque implodendo e ciò sin dagli Anni ’90.
Busca ha sottolineato come proprio in quegli anni, in particolare a partire dalla caduta del Muro di Berlino, il mercato abbia preso il sopravvento. Da allora il mondo ha iniziato ad avere sempre meno idee, ma a produrre una molteplicità di individualità capaci comunque di gestire il consenso.
Un consenso, però, fine a sé stesso.
In videoconferenza è poi intervenuto l’On. Valdo Spini, già socialista di lungo corso e Presidente della Fondazione Circolo Fratelli Rosselli, il quale ha esordito affermando che occorre analizzare le motivazioni che hanno portato la sinistra italiana e europea a guardare con eccessivo entusiasmo alla globalizzazione. Globalizzazione che ha generato il devastante fenomeno della delocalizzazione della produzione, con conseguenze al ribasso, sia in termini di salari che di qualità dei prodotti.
Tutto ciò ha portato, a parere di Spini, molti elettori di sinistra a votare a destra, così come hanno votato a destra quegli elettori di sinistra che si sono sentiti abbandonati sul fronte della sicurezza, che era storicamente tematica centrale della sinistra.
L’On. Spini ha aggiunto che occorre, pertanto, recuperare i valori originari del socialismo e ricominciare a dialogare con le persone e coglierne le necessità.
Le conclusioni sono state del prof. Luigi Pruneti, Rettore dell’Ateneo Tradizionale Mediterraneo, scrittore, saggista, già Sovrano Gran Commendatore Gran Maestro della Gran Loggia d’Italia degli ALAM e fondatore dell’Ordine Massonico Tradizionale Italiano.
Pruneti ha ravvisato come i problemi di oggi vadano fatti risalire agli avvenimenti del 1989, che hanno fatto implodere il bipolarismo mondiale, USA-URSS.
Quegli avvenimenti furono una occasione mal sfruttata da parte dell’Europa, in quanto da allora è nato quel mercato unico che ha fatto trionfare, ha sottolineato Pruneti, l’ideologia capitalista.
Fu allora che nacque la deregulation economica, il Washington consensus e la distruzione sistematica del settore pubblico, che era l’ultimo argine alla libera circolazione dei capitali.
Negli Anni 2000, ha ricordato Pruneti, si è approdati al globalismo, sbandierato come la nascita di un bellissimo “giardino globale”, quando in realtà fu un “mattatoio globale”, visto l’aumento esponenziale dei conflitti nel mondo a partire da quegli anni.
La democrazia, conseguentemente, è sempre più entrata in crisi e ciò, ha sottolineato Pruneti, dovuto alla delusione dei cittadini nei confronti di governi e opposizioni entrambe “uguali e grigie”, che si avvicendano senza dare risultati concreti.
A ciò abbiamo assistito, a parere di Pruneti, a una sistematica crisi dell’informazione, iniziata a partire dai tempi di Tangentopoli, sino ai giorni nostri in cui le nuove generazioni di giornalisti sono spesso con contratto a termine e sono obbligate a seguire le linee editoriali dei giornali. Facendo, dunque, venir meno ogni spirito critico.
Gli ideali socialisti di un tempo, quelli che fecero saltare le dittature di Salazar in Portogallo e Franco in Spagna, a parere di Pruneti, sono scomparsi in Europa.
Abbandonando un glorioso passato, siamo approdati a un nuovo che non conoscevamo e ne è nato un bipolarismo all’anglosassone che ha aperto le porte alle lobby. Un po’ come negli USA, che Pruneti definisce “il malato più grande di tutti” e che non deve stupire che abbia prodotto un Presidente come Trump.
Ad avviso del prof. Pruneti, occorre battersi contro questo “liberalismo senza più libertà”, che ha generato darwinismo sociale. Occorre far tornare le persone a pensare, riflettere, ragionare oltre l’immediatezza omologante della comunicazione di oggi.
Ovvero, a parere di Luigi Pruneti, occorre ripartire dal basso per ricostruire, attorno alle discussioni, il libero pensiero. Che è minacciato tanto quanto l’uomo, i cui valori rischiano di implodere, per essere sostituiti dall’attuale materialismo e decadenza imperanti.
Luca Bagatin
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