“La perfezionista” di Cesare Lanza: un film senza pregiudizi, che scuote le coscienze

LUCA BAGATIN

“La perfezionista”, opera prima del giornalista ed autore televisivo Cesare Lanza, ideatore del Movimento culturale “Socrate 2000” per il ritorno al merito.
Un film intelligente, struggente, a tratti comico e grottesco. Un film sul senso della vita e della scelta del morire, quando la vita diventa insopportabile.

“La perfezionista”, film basato su una storia vera, è andato in onda, per la prima volta, venerdì 20 luglio scorso, a mezzanotte, su Canale 5. La scelta del giorno e dell’orario mai fu più infelice per un film adatto ad un pubblico vasto, sia giovanile che non.
Interpretato dall’affascinante e coinvolgente Aurora Mascheretti e da Rinaldo Rocco, rispettivamente nei ruoli di Giselda, la protagonista, e del suo ragazzo Angelo. Con un piccolo cameo di Sandra Milo, che interpreta se stessa.

Giselda è una ragazza all’apparenza perfetta che, sin da quando andava a scuola, era la prima della classe. Lavora come impiegata modello presso lo studio di un avvocato romano, è abitudinaria quasi sino alla maniacalità: ogni mattina è solita mangiare mele verdi (che troveremo in quantità anche accanto alla sua scrivania ed a casa sua), tagliandone ciascuna in spicchi perfetti; prende il suo solito the al bar, portandosi da casa quattro biscotti che dispone ordinatamente sul tavolo, appoggiati ad un fazzolettino bianco; ripone con cura i suoi abiti, in ogni occasione.
La sua perfezione attira le invidie di Roberta, sua collega, la quale è spesso in ritardo al lavoro a causa di una situazione sentimentale complicata. Inoltre, Giselda, è oggetto delle attenzioni particolari dell’avvocato, anziano e dallo sguardo viscido, oltre che sposato con una donna molto più giovane di lui.

La ragazza, ad ogni modo, rifiuta sempre di buon grado tali attenzioni.
Angelo è il compagno e convivente di Giselda, musicista, raffinato e colto. Si sono conosciuti dal fioraio, casualmente, e la ragazza si innamorò di lui per la sua sensibilità e per l’amore verso i fiori che per Angelo rappresentano “la metafora della perfezione e della decadenza della vita”.
Giselda ed Angelo hanno una sola vera certezza: non sanno che senso abbia la vita, vivono l’una per l’altro, appassionatamente, sin da quando si sono conosciuti, vivendo alla periferia di Roma, in una grande casa, senza grandi relazioni con l’esterno, vivendo d’amore e passione.

Giselda ha purtuttavia anche un’altra vita. E’ attrice di film hard presso la casa di produzioni cinematografiche “Il senso della Storia”, ove si realizzano film tratti da opere storiche ed il cui motto è “Classe, Cultura, “Carne”. Giselda vive la cosa con naturalezza, senza alcun imbarazzo, diretta da un regista al limite del grottesco, il quale è solito stirarsi i pantaloni presso il suo ufficio.

Angelo inizia ad accusare forti dolori di testa, convulsioni e crisi di vomito continue. Le analisi mediche saranno chiare: tumore al cervello.
La vita di Giselda sprofonderà nell’incubo e non troverà conforto nemmeno nella dottoressa che ha in cura Angelo, bigotta al punto di disprezzare la loro storia di coppia di fatto, non sposata.

Angelo chiederà alla sua compagna un’estremo atto di amore e dignità: vuole che lei lo uccida, per non lasciarlo soccombere nel dolore.
Giselda confida ancora in una possibile guarigione del compagno, ma, allorquando comprenderò che non v’è più speranza…si chiede “Che cosa devo fare ?” “Che cosa sto per fare ?” e sarà così che lo ucciderà, strozzandolo per poi baciarlo appassionatamente, rimanendone sconvolta.

Da allora la sua vita sarà completamente stravolta, rinuncerà alle sue abitudini che tanto l’avevano aiutata ad “ordinare la sua vita”, a “darle un senso”. Tornerà al lavoro completamente disordinata e sciatta, riunucerà al contratto di tre anni come attrice hard e….tenterà ben presto il suicidio con il gas, ma sarà salvata dagli addetti dell’impresa di traslochi.
Dopo la convalescenza i suoi “amici”, ovvero l’avvocato, la collega, il regista e gli attori hard, organizzeranno una festa per lei, ove la faranno da padrone discorsi banali sulla crisi economica ed ove, ancora una volta, lo spirito da satiro marpione dell’avvocato tornerà alla carica con una Giselda che, ancora una volta, rifiuterà ogni proposta sconcia.

Giselda si è ormai trasferita in una nuova casa, un attico con vista su San Pietro. La vediamo percorrere l’attico, inquieta, con alla mente le parole del suo insegnante di lettere: “Non sappiamo perché siamo al mondo. Vedi, Giselda, come è difficile vivere”.

Sarà così che, Giselda, dopo aver dato uno sguardo alla cupola di San Pietro, sorridente, si getterà dal cornicione, sorridente e consapevole del suo gesto estremo. Un gesto tragico, ma di libertà da una vita che, ormai, per lei era diventata insopportabile.

Il film di Cesare Lanza apre ferite profonde, scuote certezze, disorienta lo spettatore più sensibile che potrebbe aspettarsi un finale diverso, aperto a nuove possibilità per la ragazza, ad una nuova vita.
Cesare Lanza afferma di aver voluto rappresentare, con questa sua opera, ciò che lui considera l’assoluto non senso della vita.

Personalmente ritengo abbia voluto andare anche oltre. Abbia voluto raccontare una storia vera fatta di sentimenti, di equilibri fragili, nei quali, invero, ciascuno di noi può riconoscersi o può essersi riconosciuto.
Lanza ha voluto costringere, anche lo spettatore più ottuso, a porsi delle domande sul senso della vita e della morte, fuori da ogni giudizio moralistico o religioso.

Il suicidio, può essere condannato dalla società o dalla legge ? E perché mai ? E perché mai, in Italia (ma non solo), non esiste una legge che permetta l’eutanasia ed il suicidio medicalmente assistito e, pertanto, strutture medico-sanitarie ove questi sono praticati, con tanto di assistenza psicologica ? Perché, se la vita propria o altrui diventa insopportabile, si deve ricorrere a metodi cruenti, violenti, per nulla degni di civiltà ed umanità ?

Ecco che Cesare Lanza, con “La perfezionista”, incide nelle coscienze questi ed altri interrogativi e sarebbe una vera mancanza di rispetto nei confronti dell’intelligenza del pubblico se, tale film, non fosse riproposto in prima serata il prossimo autunno e non contribuisse a riaprire un dibattito su un tema di così stretta rilevanza politica e sociale.

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