La cortesia, un diaframma tra pensiero e azione

di AUSILIA GUERRERA

La cortesia è un atteggiamento mentale che rimanda al bon ton: certo c’è quella di facciata e quella di sostanza, ma l’ideale sarebbe – come la corrispondenza di amorosi sensi fra gli innamorati –    una corresponsione delle due sfere; alludendo a una grazia del buon vivere che sempre più latita. Se prendiamo alla lettera il galateo, alla voce “cortesia” si legge che non è prescritto un comportamento cerimonioso né blasé, e che al contrario della scortesia, la cortesia, è indice di buona educazione, la quale non si limita a una parvenza affettata nel rivolgersi agli altri, ma a un porgere se stessi con premura andando incontro al prossimo con affabilità ed interesse.

Insomma mettere le persone a proprio agio.  La cortesia è un temperamento, un diaframma tra il pensiero e l’azione che si consuma nella vita di tutti i giorni, scivolando fra le righe e le pieghe delle giornate e delle situazioni. È un’attitudine distante sia dalla vacuità, quanto da un tatticismo strategico che sa del proprio  particulare tornaconto. È difficile oggi giorno incontrare simili esemplari di un’umanità in via d’estinzione nemmeno fossero dinosauri da museo, mentre è molto più facile imbattersi in “gentucca” – come decantava Dante in un canto del Purgatorio!… –  sconsolante che reclama il proprio posto al sole, ovunque ci si trovi, sempre e comunque – per partito preso, come nuova categoria dello spirito dei tempi moderni: alla cassa di un supermercato, come al cinema o in una metro. Quando non del tutto recalcitranti e maleducati. La desolazione è imperante.

La chance, il caso, d’incontrare individui gentili è ridotta all’osso; ma non ci si scoraggia facilmente; soprattutto non si demorde per un centinaio di casi o poco più!…  nonostante l’indubbio degrado dei costumi. Osservare come le persone si rapportano l’una all’altra, lascia il tempo che trova a commenti di scene “disumane”, per la sequela, sempre uguale a se stessa, di azioni e reazioni incastrate nei soliti gorghi di amicizia–inimicizia, che lasciano disarmati e affranti. Non si è più nemmeno spiazzati, tale è il “callo” all’abitudine, alla mala educazione. Ma, in barba a un cinismo imperante, la frenesia e i ritmi disomogenei di vita e di lavoro, in genere non possono e non devono lasciarci indifferenti, non deponendo dunque a favore di un’osservazione clemente; tutt’altro la scortesia che ci circonda, ci aiuta a captare, come una punta dell’iceberg ben visibile ma poco scalfibile, il sintomo della malattia di una società stanca e individualista, che poco o affatto rispetta la faccia dell’altro.

Un piccolo balzo indietro a un’epoca recente, non così remota per chi conserva un minimo di memoria di un passato prossimo, racconta di quando (poco prima che la crisi economica deflagrasse a confonderci la visuale e a confinarci nelle nostre – sempre più povere – case), uscire in strada ed essere contaminati, appestati letteralmente, dagli scarichi dei Suv, superaccessoriati e super-lussuosi, era una costante delle nostre pustolose passeggiatine,  ma soprattutto una consuetudine elevata ad arte di una maniera di fare di agire e di esprimersi: in un ambito sempre più strettamente “intimista”; come dire che le attenzioni le premure i riguardi erano sempre più centellinati all’interno di un piccolo, ristrettissimo nucleo, microcosmo familiare. Quindi la scortesia affonda in radici lontane, anzi ben più lontane di queste descritte.

Adesso che tutti stanno facendo davvero carte false per vendere questi ingombranti bisonti che mal si destreggiano nelle nostre stradine cittadine, essendo programmate per ben altri piani urbanistici, beh!, speravamo che la gente, non più rinchiusa in queste roccaforti mobili, in queste monadi – torri di babele, si affacciasse a una maggiore ricezione del mondo esterno. Non si è trovata, invece, una soluzione migliore che quella di perseverare, negligentemente, in un approccio verticale, in cui ci  si  guarda  dall’alto  verso  il  basso, e si parla frecciate e pugnali. Espressione di un faticoso dovere civico.

 

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