Il romanzo italiano sui vent´anni del Cavaliere
di ANTONIO TABUCCHI
Mentre sento che in Italia, paese dell´eterno ritorno, si è ricominciato a piangere sull´imminente “morte del romanzo” che mezzo secolo fa costituì il tormentone della neo-avanguardia di allora, vedo con piacere che i giovani (e anche i meno giovani) scrittori italiani continuano a scrivere romanzi. O qualcosa che appartiene al genere che per convenzione definiamo “romanzo” e che naturalmente non ha niente a che vedere con la creatura di cui si piange la futura scomparsa, essendo costei defunta da tempo per cause naturali. Una modesta creatura il cui avvincente incipit (parlo per metafora) suonava all´incirca così: «La Marchesa uscì di casa alle cinque in punto».
Anche se il feuilleton di tipo ottocentesco basato sull´uscita della Marchesa continua ad occupare i banchi delle librerie e le sdraio degli stabilimenti balneari (ma questa è una legge dell´industria del consumo, che per fare un solo prodotto di qualità deve produrre almeno una tonnellata di scorie), coloro che oggi scrivono buona letteratura sanno che la Marchesa che uscì alle cinque non ha più fatto ritorno, ed è inutile stare ad aspettarla. Ed è curioso notare come nonostante lo stantio ambiente culturale italiano, o forse proprio in reazione ad esso, la giovane letteratura italiana (intendo della generazione dei trentenni e dei quarantenni) sia una delle più nuove e vivaci d´Europa; una letteratura che se l´avessero i francesi e gli inglesi riuscirebbero a imporla nel mondo con la forza di una esportabilità linguistica che noi non abbiamo. Qualche tempo fa l´italiano era almeno una lingua di cultura; ora, dopo la sistematica distruzione della cultura, non è più neppure questo.