di SALVATORE ITALIA
Se la verità giudiziaria è costruita su fatti certi e provati, la verità storica può non essere altrettanto: questa è la lezione che si trae dopo aver ascoltato le oltre tre ore di conferenza di presentazione del libro “Intrigo Internazionale”.
Giovanni Fasanella e Rosario Priore, autori del libro, sono i docenti magistrali dell’ultima lezione del Master in Studi d’Intelligence Strategica e Sicurezza Nazionale organizzato nell’ambito del National Security Program Link Campus University of Malta.
Il libro è un’analisi oltre i tradizionali confini di ciò che è accaduto in Italia negli esaltanti e feroci anni che vanno dal primato economico italiano nell’area mediterranea al periodo dello stragismo politico. Un età dell’oro macchiata di sangue, sporcata da bugie che i due autori tentano di riscattare attraverso il racconto della verità. Quella verità non provabile, ma altrettanto certa perché ricostruita in modo deduttivo dai dati storici nazionali e internazionali comunemente acclarati.
Gli autori sposano il sistema di analisi già utilizzato dalla Commissione Stragi presieduta dall’allora On. Pellegrino: “abbandonare la ricostruzione giudiziaria per passare a quella storica”, certi che il rigore e la circostanzialità della prima di fatto impedisca di avere una visione a trecentosessanta gradi dei contesti in cui i fatti criminali si alimentano e si consumano.
Eversione, terrorismo nero e rosso, servizi segreti deviati, omertà e segreti di stato sembrano tutti legati da un cordon ruoge internazionale che attraversa l’Europa toccando Paesi amici e nemici dell’Italia, tutti comunque interessati a soffiare sul fuoco delle tensioni interne. Questo è lo scenario in cui maturano i fatti criminali, in cui va cercata la verità storica.
Che i due autori del libro siano sulla strada giusta è verosimile soprattutto alla luce delle dichiarazioni e dei fatti avvenuti a ridosso della sua pubblicazione.
Il Presidente Napolitano l’8 maggio durante il giorno della memoria per le vittime del terrorismo dirà “esistono intrecci eversivi e intrighi internazionali, insieme a opacità di comportamenti da parte di corpi dello stato”.
Come dire che nessuna sentenza di assoluzione è in grado di cancellare oltre alle responsabilità giudiziarie anche quelle politiche. Perché poi alla fine di questo si tratta, e sarà un ministro della repubblica ha sottolineare pochi giorni dopo che la giustizia italiana ha messo la parola fine al mistero di Ustica. Quello di Giovanardi è un dictat: è stata una bomba, lo prova la sentenza della cassazione del 2007. Ai microfoni di RadioAnch’io avviene la replica del giudice Priore che insiste più volte affinché il sottosegretario dichiari se quella è la posizione del governo. La disputa ha toni accesi e la conclusione di Giovanardi è lapidaria “la sentenza ha spazzato via l’ipotesi del missile”.
Napolitano il 27 giugno, giorno dell’anniversario della strage di Ustica, compie un ulteriore passo chiedendo a tutte le istituzioni “uno sforzo ulteriore per pervenire ad una ricostruzione esauriente e veritiera”. In queste parole sembra sentirsi un richiamo alle dichiarazioni di Giovanardi e alle conseguenti tensioni sviluppatesi nel centro sinistra.
Un film già visto quando un altro presidente della Repubblica, Francesco Cossiga, al tempo delle dichiarazioni Primo Ministro, sostenne che lo scenario di guerra aerea descritto nel ‘99 dall’ordinanza di Priore era reale: il DC9 Itavia fu abbattuto da un caccia francese nel corso di una battaglia con aerei libici.
Il caso Ustica è ancora oggi terreno di scontro, la palude in cui gli avversari politici continuano ad agitarsi noncuranti della necessità di un atto di orgoglio nazionale con cui si faccia chiarezza innalzi al palco degli stati esteri. Ustica è la cartina tornasole di una anomalia italiana nata all’indomani della seconda guerra mondiale e ancora oggi persistente: l’Italia si conferma terra spaccata dagli odi politici ed incapace di codificare un interesse superiore in cui liquidare le divisioni di parte.
Tutto questo forse giustifica ancora oggi la frase amara del capo dei servizi segreti francesi De Maranche che ad una nota giornalista che gli chiedeva del perché il terrorismo in Italia, rispose “perché no? L’Italia – del resto – è una democrazia molle, con istituzioni ancora deboli e quindi il terrorismo può albergare facilmente, se foste uno stato comunista non ne avreste, ma voi volete essere una democrazia – e aggiunse – e forse per voi è anche un lusso”.
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LiberalCafè consegna ai propri lettori la trascrizione adattata della lezione tenuta dal giudice Rosario Priore e dal giornalista Giovanni Fasanella, autori del libro “Intrigo Internazionale”, edizioni Chiarelettere, che siamo certi farà ancora molto discutere.