di Emanuele Cislaghi.
“C’è silenzio, qui. Un silenzio vero, reale. Profondo. Qualcosa che ti afferra dentro e ti rivolta, che lascia libero sfogo a parole sommesse, a idee sfumate. Un silenzio violento, assordante, che riesce a strappare… non so… la brutta copia di un monologo interiore. Quasi una confessione, una di quelle fatte da soli, senza sacerdote. Emozioni vecchie, incrostate sulla coscienza, che se non venissi qui a tirarle fuori resterebbero intrappolate sotto strati di parole, concetti, rancori (…) ”
Sono i pensieri di un assassino che racconta la sua versione di un delitto compiuto tanto tempo fa. In questa cronaca di omicidi, a volte le motivazione al gesto sanguinario appaiono innocenti, quasi infantili. Leggendolo viene da pensare che forse non esiste una persona che sia assolutamente cattiva o assolutamente buona. Quasi tutti questi criminali hanno avuto vite difficile, infanzie negate e dolorose, non hanno saputo elaborare forse i propri lutti e i loro punti di rottura. Ma in quest’opera non c’è nessun tentativo di giustificazione ad atti omicidi, piuttosto il giudizio viene sospeso. L’autore con scrittura raffinata e sapiente empatia entra nei personaggi, li anima, li rende a noi più umani, si ferma sull’orlo dell’abisso, senza nessuno sconto o compiacimento. Lo stile è asciutto, a volte gelido, ma efficace e mozzafiato.
Opera di 251 pagine
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Libro
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