L’assuefazione al male non è mai troppa? Una tale situazione di disagio femminile, di sottomissione sempre e comunque vuoi alle leggi silenti asfittiche della famiglia e dell’ambiente d’origine, vuoi a una realtà economica che rifiuta in nuce un modello e un ruolo femminile emancipato e indipendente e perciò stesso forte, racconta molto dell’assenza di collera nei confronti poi dei compagni attuali. E dell’impossibilità di scrollarseli di dosso anche una volta fuori da quel mondo immondo. Ma anche questo pseudo spaccato sociale al femminile, che in parte e solo in parte potrebbe raccontarci dell’arrendevolezza remissiva della vittima designata, deve essere preso con le pinze, cioè con la dovuta cautela. Poiché l’abitudine a una vita sottomessa può solo prestare di striscio il fianco ai maltrattamenti ricevuti, mentre il vorticare dei casi che si succedono con sempre maggior frequenza e con esiti raccapriccianti che assurgono perfino al diritto di cronaca, rimandano a una casistica indiscriminata e peregrina. E non spiega l’incredulità annichilente del rimanere immobili e sgomente di fronte alle minacce subite.
“Come è possibile che alla prima che ti fanno non scappi via?” – verrebbe da chiederle con rabbia. Dicono che si resta attonite e come stordite dai maltrattamenti che piovono come proiettili da ogni parte, fino a rimane irretite – anche per il plagio verbale – in una rete a maglie sempre più strette, da cui è difficile spiccare il volo: le ali sono tarpate. Si vive un incubo a occhi aperti, occhi pesti, quasi sempre… e come, nel peggiore degli incubi, non riesci più a muoverti. Alle volte strisci a terra come un verme. Inerme. Per le sevizie. Forse riesci solo a fare strani giri su te stessa, quando puoi muoverti, e il corpo non è troppo ammaccato e l’anima non è troppo rappresa in quella zona d’ombra a cui tanto rassomigli, oramai. Mentre il mondo gira in tondo attorno a te, come se fossi su quelle giostrine di un parco giochi chiuso, solo che l’unica bambina rimasta chiusa lì dentro, segregata, sei Tu, e un vuoto irreale sinistro si fa denso come una bruma mattutina caliginosa che ti cala sugli occhi e tu annaspi come nei peggiori incubi e una cappa ti opprime a comprimerti l’anima i sogni e i desideri e tu non sai più chi sei.