Se un uomo deve scrivere l’ultima lettera d’amore alla donna che ha perso, Oreja de Perro è l’unico posto in cui troverà il silenzio di cui ha bisogno. Profanato dalla violenza delle persecuzioni degli anni di Piombo in Perù, questo lembo di terra labirintica delle Ande è un deserto che urla, perché la voce di quel popolo risuona come se fosse stata strozzata e poi intrappolata in un pozzo. C’è odore di pioggia, di spore, monti che si arrossano quando cala la sera e una pace che non consola. Sarà per questo che le parole non arrivano, neanche a un cronista famelico di storie come lui, impegnato a raccogliere le testimonianze di quella gente per riconciliare il paese con la cruda memoria dei fatti. Lì, a Oreja de Perro, il dramma per la perdita di Paulo, suo figlio, si mescolerà a quello di un popolo, in una vicenda collettiva mai sepolta, che chiede di essere raccontata. Ma i ricordi personali pesano, anche quando si cerca di nasconderli dietro altri dolori.
Romanzo evocativo, d’atmosfera, che si svela piano, Un posto chiamato Oreja de Perro è un lungo piano sequenza che scende in profondità a sondare abissi e impunità. Politico, civile, elegiaco, Thays ci restituisce la storia spesso trascurata di un paese, il Perù, che è “in piccolo un mondo intero”.
Iván Thays (Lima, 1968) è uno degli autori peruviani più interessanti degli ultimi anni. Ha vinto nel 2000 il premio giornalistico Príncipe Claus per i suoi contributi. Ha diretto per sette anni il programma televisivo Vano Oficio su libri e letteratura e ha un seguitissimo blog di cultura, Moleskine Literario. Scrittore di racconti, romanzi, professore universitario, ha dedicato la sua vita alla letteratura, una vocazione che nel suo caso è insieme “una passione e una missione”. Con questo romanzo è stato finalista del prestigioso Premio Herralde.
Traduzione: Anna Mioni
Collana: Fandango Libri
Pagine: 223
Prezzo: 16,00 euro
Data di pubblicazione: 19 marzo 2012
“Cose che ricordo di Monica: Monica di cattivo umore la mattina. Monica con le braccia infilate nel frigorifero per cercare qualcosa per la colazione. La serietà di Monica mentre agita un vasetto di yogurt. Monica che chiude la porta, e accende la luce. Monica quando legge un romanzo e la bocca le si fa rossa. Monica che sbatte le chiavi di casa, rispondendo al telefono. La voce rauca di Monica che mi torna nelle orecchie. Gli occhi di Monica, uguali a quelli di Paulo, che guardano senza un perché un punto fisso nell’oscurità. Le sottili striature sul ventre di Monica che lei nasconde con una mano. L’odore umido e preciso del pube di Monica. Cose che ricordo di Paulo: i suoi capelli dietro le orecchie, che pettinavo con due dita mentre Monica lo cullava tra le braccia per farlo addormentare”.